Pisa, 29 marzo 2016 – “Ma come reggere l’onda dei bisogni delle persone che, anche a causa della crisi, non possono farcela da sole?”. E’ partita da questa domanda la riflessione di Elena Innocenti, ricercatrice della Fondazione Zancan di Padova, intervenuta, insieme a Francesco Marsico di Caritas Itaiana, il 9 marzo scorso nell’ex Convento dei Cappuccini di San Giusto (Pisa) alla tavola rotonda su “lotta alla povertà e welfare generativo”, il primo incontro del ciclo di momenti confronto promossi da Caritas e Pastorale sociale e del Lavoro di Pisa in collaborazione con Acli, Confcooperative, Cisl, Fondazione Toniolo e Consulta diocesana delle aggregazioni locali. Per dire che “ogni volta che i diritti sociali vengono considerati solo individuali mortificano la propria natura poiché riconoscere diritti sociali significa diritti a corrispettivo sociale: quello che ricevo è per aiutarmi e per mettermi in condizione di aiutare”.
La conseguenza è il “welfare generativo”, l’approccio che la Fondazione Zancan sta proponendo e affinando da qualche anno a questa parte: “Le istituzioni, dopo aver raccolto risorse con la solidarietà fiscale, devono evitare che siano consumate da aventi diritti senza doveri”. I cardini su cui poggia questo approccio sono due: punto primo, “ogni aiutato che valorizza le proprie capacità è un moltiplicatore di valore” e, punto secondo, “un diritto diventa a pieno titolo sociale quando genera benefici per la persona e contemporaneamente per la comunità”. Corollario: “Quando non rigenera, chi ne beneficia sottrae bene pubblico a fini individuali”, Da qui la “regola della cinque R” cui è ancorato il welfare generativo pensato dalla Zancan: raccogliere e redistribuire sicuramente (come avviene attualmente con l’attuale stato sociale distributivo) ma anche rigenerare, rendere e responsabilizzare. Chiacchiere? No, un progetto di legge elaborato da un gruppo di ricerca composto da Maria Bezze, Giacomo Delledonne, Devis Geron, Elena Innocenti, Fabio Pacini, Emanuele Rossi e Tiziano Vecchiato.
A sostenere la misura che possa permettere uno stile di vita dignitoso e soprattutto un reinserimento all’interno della comunità è anche Francesco Marsico, responsabile dell’area nazionale di Caritas Italiana. “Più di un indicatore lascia supporre che le dimensioni della povertà potranno sì ridursi ma senza tornare alle cifre del 2007 ( che contavano poco meno di 3milioni di persone) e che la ripresa economica e quella occupazionale non saranno in grado di dare una risposta risolutiva», ha spiegato Marsico già rappresentante dell’Alleanza contro le Povertà, ampio cartello di soggetti associativi e del terzo settore mai nato nel nostro Paese per contrastare i processi d’impoverimento. Il responsabile della Caritas italiana sostiene la necessità che anche l’Italia si doti di un Reddito d’inclusione sociale (Reis) allineandosi agli altri Paesi europei dato che, fra i membri dell’Ue a 15 Stati, soltanto Italia e Grecia ne sono sprovvisti mentre il Regno Unito ce l’ha addirittura dal 1948, la Svezia dal 1956, la Germania dal 1961 e il Paesi Bassi dal 1963.
«Concretamente si tratta di assicurare un reddito a tutti coloro che vivono in una condizione di povertà assoluta. Redditto che deve essere congiunto, quando le condizioni di chi beneficia del sostegno lo consentono, all’erogazione di servizi alla persona e inclusione nel mercato del lavoro – spiega Marsico -si tratta, però, di un’innovazione ambiziosa che richiede al sistema di welfare locale un robusto sviluppo organizzativo: procedere per gradi, garantendo adeguati tempi di apprendimento e di adattamento organizzativo a tutti i soggetti coinvolti nel territorio è l’unica strada possibile». Per realizzarlo l’Alleanza stima siano necessari quattro anni di tempo e finanziamenti progressivi che dovrebbero partire da 1,8 miliardi nel 2016, per crescere a 3,5 e 5,3 miliardi, rispettivamente, nel 2017 e nel 2018, per arrivare a 7,1 miliardi nel 2019.