“La povertà assoluta è un fenomeno in forte crescita nel nostro Paese, e uno dei dati allarmanti è la forte caratterizzazione dei casi di lavoratori poveri su base familiare, ovvero quelle famiglie che l’economia definirebbe monoreddito”. Così ha esordito Chiara Saraceno, esperta di sociologia, che ha esaminato durante l’incontro “La povertà in Italia, analisi e proposte” il disagio sociale connesso all’attuale realtà occupazionale.
“Nel nostro Paese non è aumentata la povertà relativa ma la povertà assoluta, più che triplicata negli anni della crisi – commenta la Saraceno – e a risentirne sono i nuclei che basano la loro conduzione familiare solo su un reddito percepito”. A essere colpiti sono quindi anche quei soggetti che percepiscono almeno un introito da un’occupazione di media retribuzione.
“Non sempre il lavoro basta per uscire dalla povertà – ha spiegato la sociologa – spesso si tratta di impieghi a basso reddito che non garantiscono una sicurezza adeguata”. Come ricordato dalla stessa Saraceno anche l’Ocse ha denunciato l’aumento dei cosiddetti cattivi lavori. “Il lavoro non basta perché non ce n’è abbastanza – ribadisce l’esperta – la problematica, infatti, va spostata sull’offerta, che dovrebbe migliorare le proposte occupazionali”. Sono numerosi i gap individuati dalla sociologa.
“È aumentato il tempo parziale obbligato, mancano politiche di conciliazione per donne e uomini con un carico familiare ingente – continua – sicuramente è necessario un secondo lavoro in famiglia che possa scongiurare una condizione di disagio per i nuclei più numerosi”. In ultima analisi la Saraceno ha proposto alcune soluzioni per risolvere la questione. “Per contrastare la povertà occorrerebbe aumentare l’offerta di lavoro di qualità e aiutare le donne con carichi familiari pesanti che hanno una bassa qualifica (i servizi per l’infanzia ne sono un esempio) – conclude – anche i sussidi familiari potrebbero escludere la povertà assoluta facilitando la gestione familiare.