Benotto: ”La povertà dei più piccoli è un’ingiustizia non tollerabile”. La presentazione al Rapporto Caritas dell’arcivescovo

“La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo ed un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. (…) Nessuno tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno”(At. 4,32-35).

Gli Atti degli Apostoli così ci descrivono la vita della primitiva comunità cristiana: una specie di paradiso terrestre, più ideale che reale se confrontato con lo stile che  si vive ogni giorno all’interno della società, ma anche della stessa realtà ecclesiale. L’immagine degli Atti è solo una utopia irrealizzabile? Potrà mai esistere una società nella quale non ci sia chi muore di fame e chi è pericolosamente obeso a causa di una super alimentazione?

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Se per ogni credente in Cristo, l’immagine offertaci da San Luca nel libro degli Atti, non è una pia illusione, ma l’immagine normativa di come deve essere la Chiesa, anche per ogni uomo che voglia riconoscere nel volto del prossimo che gli sta davanti un altro se stesso da rispettare nella sua dignità, il tema della povertà è argomento dal quale non è possibile fuggire e con il quale è indispensabile confrontarsi con spietata oggettività.

Per questo, la pubblicazione del “Rapporto povertà – Caritas 2016” non è e non può diventare una specie di rito scaramantico con il quale esorcizzare le tante situazioni che creano fatica e dolore nella vita della nostra comunità diocesana, ma una occasione preziosa per leggere con lucidità le fragilità presenti, cogliere le linee di tendenza che stiamo percorrendo spesso inconsapevolmente e, per quanto possibile, suscitare quelle scelte personali, familiari, ecclesiali e sociali con le quali cercare di dare risposta ai bisogni e alle richieste dei tanti che si trascinano avanti al limite di ogni ragionevole speranza umana.

Se sempre fa male dover registrare la sofferenza di tante persone che si trovano improvvisamente senza lavoro e soprattutto senza  la prospettiva di trovarne un altro, ancora più doloroso è l’impatto con la sofferenza dei più piccoli che di certo sono nel senso più pieno vittime di una ingiustizia non tollerabile. Perdita e mancanza di lavoro, problemi abitativi e difficoltà crescenti vissute dai più piccoli, sono infatti le sofferenze che emergono più evidenti dal Rapporto povertà  relativo ai dati raccolti dai Centri di Ascolto della Caritas pisana nell’anno 2015 e che chiedono una rinnovata attenzione da parte di tutti, ma ancora di più da parte di chi ha responsabilità civiche e sociali ed è chiamato a provvedere al bene comune.

E’ da sottolineare che se è vero che le risorse economiche per dare risposta ai problemi sociali emergenti sono sempre più scarse, è anche vero che ciò che preoccupa maggiormente è la crescita del senso di rassegnazione che diventa poi indifferenza e che impedisce di mettersi in gioco non tanto per offrire mezzi materiali, ma soprattutto attenzione, prossimità e quella umanità calda che spesso è il tesoro più prezioso che si cerca prima ancora degli stessi mezzi materiali per assicurare un minimo di sussistenza per sé e per i propri cari.

Di fatto, povertà non è solo la privazione dei mezzi economici necessari ad una vita dignitosa e serena sul piano materiale, ma è anche quella durezza di cuore che rende indifferenti e insensibili di fronte ai dolori altrui. E’ certo che questa “miseria” spirituale non è quantificabile anche se si esprime attraverso i segni dell’intolleranza e della emarginazione. Segni che purtroppo non mancano mai, ma che non debbono far dimenticare i tanti splendidi segni di fraterna disponibilità verso chi soffre che possono accumunare tutti, credenti e non credenti, in un servizio d’amore che è sempre sorretto dalla forza dello Spirito di Dio, anche se non se ne ha consapevolezza.

In questo senso fa pensare ed apre alla speranza sul futuro la grande generosità di tante persone “anonime” che permettono di sostenere i servizi di carità che la nostra Chiesa offre alle diverse povertà presenti sul nostro territorio: la generosità di chi offre il proprio tempo e la propria competenza professionale nel volontariato, come la generosità di chi mette a disposizione soldi e merci da condividere con chi non ha niente.

Una generosità che dimostra concretamente la potenza del bene e che permette di meditare sulla esperienza della Chiesa primitiva narrata dagli Atti degli Apostoli con la fiducia che “il cuore solo e l’anima sola” vissuta dai primi cristiani non è una utopia o una favola di altri tempi, ma una possibilità concreta grazie alla quale dare un volto più umano e fraterno alla nostra Chiesa e alla società in cui viviamo.

Grazie dunque alla Caritas diocesana che si fa promotrice ogni anno di questo “Rapporto sulla povertà” e che senza sbandierare i propri meriti sostiene e anima il cammino di crescita nella carità delle nostre comunità cristiane e insieme è di stimolo per la stessa società civile e le sue Istituzioni perché non solo non ci si dimentichi dei poveri, ma perché ciò che è oggettivamente un grande problema sociale, paradossalmente possa diventare una risorsa per una crescita più armonica e più giusta della stessa convivenza civile.

+ Giovanni Paolo Benotto

Arcivescovo