Roma, 4 gennaio 2016 (Agenpress) – “Abbiamo lottato e lavorato insieme alle istituzioni affinché si riducesse il numero dei Cie. Abbiamo verificato che sono costosi, inefficaci e non riescono a raggiungere l’obiettivo per cui sono nati cioè identificare le persone e nei casi previsti dalla legge rimpatriarle forzatamente nei loro Paesi”.
Il responsabile immigrazione della Caritas Italiana, Oliviero Forti, in un’intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000, giudica “negativamente l’idea d’introdurre un Centro d’identificazione ed espulsione in ogni regione. Ci chiediamo che significato ha aumentare il numero di questi centri”.
“La vicenda di Cona racconta che l’accoglienza nei grandi centri non funziona perché si mette a repentaglio la vita delle persone come è accaduto alla donna ivoriana che, a quanto pare, non è stata soccorsa nei tempi e nei modi dovuti. Ma soprattutto crea delle condizioni di invivibilità. Chiediamo, dunque, che l’accoglienza sia diffusa con piccoli numeri sul tutto il territorio nazionale” ma “la maggior parte dei Comuni oggi non vuole migranti sul proprio territorio. Questo spinge il Governo a dover approntare l’accoglienza con grandi numeri. Ad oggi esiste un piano e anche le risorse. Una sfida di questa portata si vince tutti insieme senza chiusure”.
Il ruolo delle cooperative è “purtroppo la nota dolente. Lo abbiamo visto con Mafia Capitale e si ripete a macchia di leopardo su tutto il territorio. C’è bisogno di un monitoraggio costante dei soggetti che fanno accoglienza. Ci sono realtà, nella Chiesa e nella società civile, che stanno dando il loro contributo attivamente e positivamente da anni mentre altre piccole realtà non sono pronte e adeguatamente attrezzate per questa attività. Chiediamo dunque al ministero e alle istituzioni che questi soggetti vengano monitorati altrimenti il caso di Cona come altri si ripeteranno nel prossimo futuro”.