“A tutte le ”pietre di scarto” dobbiamo ricordare con forza che per loro nella Chiesa c’è spazio”. L’omelia del Cardinale Gualtiero Bassetti a conclusione dell’anno giubilare dedicato alle Cattedrale

Pisa, mercoledi 26 settembre 2018 – Eccellenza carissima, Mons. Giovanni Paolo Benotto, confratelli Vescovi della Toscana, sacerdoti e religiosi, distinte autorità, fratelli e sorelle, arrivando in questa piazza e in questa cattedrale si ha veramente l’impressione di contemplare un miracolo. Bene fece Gabriele D’Annunzio a denominare così questo luogo stupendo dove fede cristiana e genio umano hanno dato vita a monumenti e capolavori dell’arte che tutto il mondo ammira stupito.

È, infatti, lo stupore il primo sentimento che ci coglie entrando in questa insigne cattedrale, chiesa primaziale, che, 900 anni or sono, il popolo di Pisa volle dedicare alla Vergine Assunta, patrona e protettrice della «gloriosa civitas», La teoria di colonne che, in doppio ordine, guidano lo sguardo verso l’abside; sono come “limes” del tempo che conducono verso l’eternità del cielo di Dio, dove il Cristo Pantocratore siede nella sua gloria, attorniato dalla Santa Vergine e da San Giovanni Evangelista, splendido mosaico, cui lavorò Cimabue. La scritta del libro «Ego sum lux mundi» ricorda nel tempo la nostra missione: «illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo, che risplende sul volto della Chiesa» (Lumen Gentium, 1).

«Il vostro duomo – ricordò san Giovanni Paolo II, qui in visita nel 1989 – accoglie in sé una molteplicità di motivi e di stimoli, e tutti li fonde in armoniosa unità, spingendo chi guarda ad elevarsi spontaneamente verso pensieri di cielo, Qui è la fede, è la carità, è la pietà che parlano attraverso le forme; le figure, le pietre stesse, lavorate sapientemente dall’uomo» (Discorso alla cittadinanza, 22 settembre 1989).

Ogni chiesa, specialmente la cattedrale, racchiude in sé qualcosa di speciale. Essa, nella semplicità o nello splendore dell’arte costruttiva, esprime una primordiale esigenza umana: incontrare il sacro, il mistero, l’Indicibile; incontrare Dio che si fa presente in mezzo agli uomini e con essi vuole abitare e comunicare.

Carissimi, «ma è proprio vero che Dio abita sulla terra?». La domanda che Salomone si poneva quando veniva consacrato il Tempio di Gerusalemme – risuonata nella lettura che è stata appena proclamata – è la stessa che ci poniamo anche noi oggi. E la domanda della donna Samaritana, che Gesù incontrò in un caldo mezzogiorno vicino a un pozzo in Samaria, e che interpellò il Maestro circa il luogo in cui adorare Dio. La risposta a quella donna fu che Dio può essere incontrato – e quindi abita – lì dove c’è la verità: bisogna adorare Dio «in spirito e verità».

La celebrazione di un centenario cosi prestigioso come la dedicazione di questa cattedrale, è dunque un’occasione per riflettere sulla nostra fede in Dio, e sul mistero della sua presenza tra noi. Da una parte, siamo portati a celebrare la grandezza della nostra storia, che si è espressa splendidamente in una estetica cristiana, che si mostra non solo in questo tempio, ma in tutto il contesto della bellissima città di Pisa, ammirata e conosciuta in tutto il mondo. La bellezza infatti è un segno della presenza di Dio, che si manifesta non solo in tutte le sue creature – come ci ricorda il Cantico di Frate Sole di Francesco d’Assisi – ma anche nelle opere delle mani dell’uomo.

Dall’altra parte, però, le domande che sono risuonate nelle letture, appena ascoltate, ci dicono che Dio non può essere racchiuso o limitato nella bellezza delle opere d’arte o negli edifici che lo celebrano, o nella grandiosità delle strutture. Il Dio di. Gesù Cristo si manifesta anche nelle cose piccole e sopratutto con i piccoli.

Ecco perché la seconda lettura che abbiamo ascoltato, tratta da una delle due lettere di Pietro – uno scritto nato in un contesto di diaspora, quando i cristiani non avevano ancora edifici di culto e potevano radunarsi soltanto in una “domus ecclesiae” – ci ricorda l’importanza dell’“edificio spirituale”, il quale, pero, dice ancora il primo degli Apostoli, è composto da pietre scartate.

La prima pietra scartata è lo stesso Cristo: non creduto dagli uomini e messo a morte ingiustamente, è divenuto però la “pietra angolare” di un edificio in cui tutti gli scartati possono sentirsi utili. Anzi, carissimi fratelli e sorelle, è proprio a questi “scartati” che Papa Francesco ci chiede di rivolgerci. È infatti sotto gli occhi di tutti quella cultura dello scarto, che il Pontefice non cessa di smascherare: scartati sono i giovani, ai quali egoisticamente le altre generazioni non pensano; scartati sono coloro che non trovano lavoro, lo perdono o sono costretti a piegarsi a trattamenti non adeguati; scartati sono gli anziani, ritenuti non più produttivi e poco utili al sistema dei consumi; scartati sono gli stranieri e i migranti che lasciano il loro paese a causa di fame e guerre; e potremmo continuare a lungo. A tutte queste “pietre di scarto” dobbiamo con forza ricordare che per loro nella Chiesa c’è spazio, e che dai credenti in Cristo non dovranno mai essere esclusi. Laici, consacrati, clero e vescovo.compongono questo edificio spirituale che è la Chiesa di “pietre vive”, ben compaginate intorno a Cristo Signore. Vivendo nell’unità e nell’amore reciproco, costituiscono il vero corpo del Signore ed edificano l’umana società. Sant’Agostino afferma che «quando i credenti . sono reciprocamente connessi secondo un determinato ordine di grazia, mutuamente e strettamente giustapposti e coesi, quando sono uniti insieme dalla carità, diventano davvero casa di Dio che non teme di crollare» (cfr. Serm., 336).

Papa Francesco non manca di ricordarci che «noi siamo le pietre vive dell’edificio di Dio, unite profondamente a Cristo; che è la pietra di sostegno, e anche di sostegno tra noi. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che il tempio siamo noi, noi siamo la Chiesa vivente, il tempio vivente, e quando siamo insieme tra di noi c’è anche lo Spirito Santo, che ci aiuta a crescere come Chiesa. Noi non siamo isolati, ma siamo popolo di Dio: questa è la Chiesa!» (Udienza generale, 26 giugno 2013).

Che cosa significherà allora per noi «adorare Dio in spirito e verità»? Leggendo il Vangelo secondo Giovanni si capisce che la verità è una persona, Gesù stesso, e quindi adorare Dio in spirito e verità vuol dire rivolgersi al Padre per mezzo del Figlio, che possiamo incontrare nella Parola, nei sacramenti e nelle membra più deboli della nostra Chiesa e della società.

Alla domanda dì Salomone, se Dio abiti in un tempio dovremo rispondere che l’uomo è la sua immagine, e dunque, per incontrare Dio, è necessario amare il nostro prossimo mediante le opere di carità e di misericordia. Il Signore ci conceda di adorare Lui in questo luogo, e di riconoscerlo poi nei fratelli; che incontreremo uscendo dalla nostra splendida cattedrale e da ogni altra chiesa.

Mi piace concludere con una bella espressione del beato Paolo VI~ prossimo ad essere canonizzato, che si riferisce alla Chiesa, ma può anche valere per una cattedrale ormai quasi millenaria: «La speranza, ch’è lo sguardo della Chiesa verso l’avvenire, riempie il suo cuore e dice com’esso palpiti in nuova e armoniosa attesa. La Chiesa non è vecchia, è antica; il tempo non la piega e, se essa è fedele ai principi (intrinseci ed estrinseci) della sua misteriosa esistenza la ringiovanisce. Essa non teme il nuovo; ne vive. Come un albero dalla sicura e feconda radice, essa estrae da sé ad ogni ciclo storico la sua primavera» (Paolo VI, Insegnamenti, vol. 7, 1969, Tip. Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1970, p. 995). Auguro a questa insigne cattedrale e alla santa Chiesa dì Dio che è in Pisa di conoscere e sperimentare sempre nuove primavere di fede e di carità. Amen!

 

Cardinale Gualtiero Bassetti

Presidente Conferenza Episcopale Italiana