Pisa, 12 aprile 2021 (da La Nazione Pisa) – «Andrà davvero tutto bene?». Non è più un’esortazione, come nei primi mesi della pandemia, e ancor meno una granitica certezza. Nelle parole di don Emanuele Morelli, 60 anni, direttore della Caritas di Pisa, è diventato solo un punto interrogativo. Da più 12 mesi è in prima linea, insieme a operatori e volontari, accanto alle famiglie più colpite dall’emergenza sociale collegata a quella sanitaria. «L’impatto è stato simile a quello di una valanga – racconta –: alla fine del marzo scorso ai nostri servizi avevamo incontrato 1.222 persone, che sono diventate 1.900 a ottobre e salite a più di 2.000 alla fine dell’anno».
Molte di più rispetto al periodo pre-Covid? «Un numero così alto ai nostri servizi non lo abbiamo mai raggiunto. Nel 2020 le situazioni di povertà che abbiamo incontrato sono aumentate di quasi il 40%, rispetto al 2019, e circa un terzo di esse non si erano mai rivolti a noi prima del lockdown».
Chi sono i nuovi poveri della pandemia che hanno chiesto il vostro aiuto? «Il mondo del lavoro è stato il più colpito. Nello specifico incontriamo piccoli imprenditori con partita Iva, ma anche dipendenti che, pur non avendo perso il lavoro, sono andati in difficoltà anche a causa dei ritardi nell’erogazione degli ammortizzartori sociali. E soprattutto tante persone con occupazioni precarie o che erano impiegate nel sommerso e che, quindi, adesso fanno molta più fatica ad accere alle misure messe in campo dal governo e dalle istituzioni per sostenerli…».
La Caritas come si è attivata per non lasciarli soli? «Il primo sforzo che abbiamo dovuto compiere è stato orientato a modificare l’organizzazione dei nostri servizi per adeguarli alle doverose misure di sicurezza sanitaria, evitando la chiusura».
Ce l’avete fatta? «Sì. Tutti i nostri servizi hanno funzionato ininterrottamente. Però, abbiamo dovuto anche attivare servizi nuovi come il Fondo Vivere, promosso in collaborazione con la Fondazione Pisa soprattutto, ma anche con in sostegno di altri soggetti».
Di cosa si tratta? «Piccoli prestiti per aiutare a restare in piedi durante l’emergenza: fino a un massimo di 15mila euro per le micro-imprese e non oltre i 3mila per i nuclei familiari. L’iniziativa è partita a fine dicembre e finora ne abbiamo già erogati 38. Inoltre abbiamo potenziato l’impegno nel contrasto della povertà alimentare».
Come? «Intanto l’Emporio della Cittadella ha seguito quasi 500 famiglie che hanno continuato a recarsi al Cep per fare la spesa, ma ha funzionato anche come hub in cui confezionare i pacchi alimentari consegnati a domicilio. Altri due magazzini, poi, sono stati allestiti anche al Circolo Alhambra, grazie alla collaborazione dell’Arci, e alla parrocchia di Santo Stefano Extra Moenia, con il sostegno anche degli scout dell’Agesci e dell’Ordine francescano secolare. Da questi tre punti partivano i volontari impegnati nelle consegne a casa che, almeno fino a settembre scorso, hanno seguito oltre 400 famiglie».
Ma si parla anche di aumento della povertà educativa… «In percentuale ai nostri centri le segnalazioni per problemi d’istruzione sono aumentate del 116%, di più di quelle, pur cresciute enormemente, legate alle difficoltà economiche (111%). Il problema non sono solo i device ma anche i nuclei vulnerabili che non hanno gli strumenti culturali e linguistici per assistere i figli nella Dad. Abbiamo accompagnato le famiglie nel richiedere i tablet alla scuola quando ne avevano diritto, e in diversi casi siamo intervenuti direttamente, grazie anche ad un accordo con Devitalia. Ma siamo consapevoli che pure su questo tema occorra moltiplicare gli sforzi da subito. Auspicheremmo che questa fosse una delle priorità dei prossimi mesi, insieme al lavoro e all’emergenza casa: che cosa accadrà quando cesserrano tutte le misure di blocco degli sfratti e dei mutui?» R.P.