La crescita silenziosa dei nuovi poveri: 1 su 4 non si è mai visto prima. Il quarto monitoraggio di Caritas Italiana sull’emergenza pandemia

Roma, 18 maggio 2021 – Dopo il lungo lockdown di primavera a cui ci aveva costretto la pandemia da Covid-19, il 18 maggio dello scorso anno il Consiglio dei Ministri approvava il decreto-legge che prevedeva una serie di misure per la ripartenza, la cosiddetta “Fase due”. A distanza di un anno da tale evento, e in considerazione della persistente situazione di emergenza che sta producendo effetti molto pesanti sulla situazione socio-economica dell’Italia e di altri Paesi, Caritas Italiana ha realizzato una quarta rilevazione sui bisogni, le vulnerabilità, ma anche le risposte e le speranze di questo tempo. La rilevazione, alla quale hanno partecipato 190 Caritas diocesane, pari all’87,1% del totale, ha avuto l’obiettivo di indagare ciò che è avvenuto nei territori diocesani da settembre 2020 a marzo 2021. Sette mesi nel corso dei quali, accanto al perdurare delle situazioni di contagio, sono emersi evidenti segnali di ripresa e l’attivazione di nuove forme di sostegno a favore di persone, famiglie e imprese colpite dagli effetti socio-economici della pandemia.
Nei 211 giorni che vanno dal 1 settembre 2020 al 31 marzo 2021, le Caritas hanno accompagnato 544.775 persone. Le donne sono la maggioranza: 53,7%, così come sono la maggioranza gli italiani (57,8%).  Quasi una persona su quattro (24,4%) è un “nuovo povero”, cioè non si era mai rivolta in precedenza alla rete Caritas. Si tratta di 132.717 persone in totale. In questo caso l’incidenza degli italiani è ancora maggiore: il 60,4% dei nuovi poveri è infatti un nostro connazionale. Uomini e donne sono in eguale numero. Complessivamente, in oltre un anno di pandemia, si sono rivolti alle Caritas 453.731 nuovi poveri.
Quasi tutte le Caritas diocesane interpellate evidenziano che, accanto a situazioni legate ai bisogni fondamentali della persona (il lavoro, la casa…), compaiono bisogni inerenti alla sfera formativa e al disagio psico-sociale, che colpiscono soprattutto le donne e i giovani:
- difficoltà legate al precariato lavorativo/occupazione femminile (93,2% delle Caritas);
- difficoltà legate al precariato lavorativo/occupazione giovanile (92,1%);
- persone/famiglie con difficoltà abitative (84,2%);
- povertà educativa (abbandono, ritardo scolastico, difficoltà a seguire le lezioni, ecc.) (80,5%);
- disagio psico-sociale dei giovani (80,5%).
 
Anche altri fenomeni sono segnalati in aumento: il disagio psico-sociale degli anziani e delle donne (entrambi indicati dal 77,4% delle Caritas), la povertà minorile (66,3%), la rinuncia/rinvio dell’assistenza sanitaria ordinaria, non legata al Covid (66,8%), le violenze domestiche (51,1%). Le persone più frequentemente aiutate dalla Caritas sono state soprattutto: persone con impiego irregolare fermo a causa del Covid19 (61,1%); lavoratori precari/intermittenti che non hanno potuto godere di ammortizzatori sociali (50%); lavoratori autonomi/stagionali, in attesa delle misure di sostegno (40,5%); lavoratori dipendenti in attesa della cassa integrazione ordinaria/cassa integrazione in deroga (35,8%).
Gli ambiti e i settori economici che hanno risentito maggiormente della crisi economica correlata al Covid sono stati soprattutto quelli della ristorazione, segnalati dal 94% delle Caritas diocesane, seguiti dal settore turistico-alberghiero (77,4%). La maggioranza assoluta delle diocesi segnala anche la difficoltà degli esercizi commerciali (64,2%) e delle attività culturali, artistiche e dello spettacolo (53,2%).
Sul fronte delle risposte, accanto ai servizi relativi ad aiuti materiali, vanno segnalate attività di tipo formativo e orientativo:
- 149 diocesi (78,4%) hanno attivato dei Fondi specifici di sostegno economico alle famiglie in difficoltà;
- 140 diocesi (73,7%) hanno svolto attività di orientamento e informazione sulle misure assistenziali promosse da amministrazioni centrali/territoriali (reddito di emergenza e di cittadinanza, bonus autonomi, bonus affitti, buoni spesa e bonus alimentari, cassa integrazione, vari benefit regionali, ecc.);
- 116 diocesi (61,1%) hanno attivato interventi specifici sul fronte del lavoro. Si tratta soprattutto di erogazione di borse lavoro, tirocini di inserimento lavorativo, tirocini formativi, percorsi formativi/di riqualificazione, convenzioni con aziende/ soggetti terzi per inserimenti lavorativi, sportelli lavoro/orientamento lavorativo;
- 116 diocesi (61,1%) hanno attivato interventi nell’ambito educativo: distribuzione tablet/pc/connessioni/device per famiglie meno abbienti, distribuzione tablet/pc alle scuole; acquisto libri e materiale scolastico; pagamento rette scolastiche/asili; pagamento mensa scolastica; sostegno educativo a distanza; aiuto compiti/aiuto per la didattica a distanza/dopo scuola online; borse di studio per l’iscrizione università o per sostenere la frequenza delle scuole superiori; abbonamenti ai mezzi pubblici per gli studenti; progetti contro l’abbandono scolastico; sportelli di supporto psicologico, ecc.
- 61 diocesi (32,1%) hanno attivato dei Fondi diocesani di sostegno economico alle piccole imprese.
Va inoltre evidenziata la presenza di progetti e attività innovative che, anche se in numero minore rispetto alle esperienze già descritte in precedenza, hanno saputo definire percorsi alternativi di presa in carico. È il caso del sostegno ai giostrai, ai circensi, ai venditori ambulanti, delle attività di recupero dei beni alimentari, delle nuove modalità di approccio al fenomeno delle persone senza dimora, dell’ascolto a distanza, degli ambulatori e dei servizi di tipo sanitario rivolti a coloro che non si possono permettere i costi della sanità privata.  Da sottolineare ancora una volta il grande contributo offerto complessivamente nel 2020 dagli oltre 93mila volontari operanti nei 6.780 servizi della rete Caritas, che hanno saputo dare un segno tangibile della presenza fraterna della Chiesa, accanto a tante situazioni di disagio e sofferenza. Tra questi, è bello evidenziare anche le attività svolte da 407 giovani del servizio civile, che si sono resi disponibili ad offrire il loro aiuto in diversi servizi e opere ecclesiali.
Una delle lezioni apprese in tempo di pandemia si riferisce alla crescente consapevolezza che “nessuno si salva da solo”. La Chiesa si è fatta da subito sgno di una comunità presente, con significative e diffuse esperienze di collaborazione operativa sussidiaria con vari enti pubblici o del privato sociale. Non si è trattato di esperienze occasionali, ma in buona parte proseguono in modo stabile. Nel contempo si è rafforzata ancor di più la collaborazione intra ecclesiale: il 96,8% delle Caritas diocesane ha avuto rapporti stabili con le parrocchie, il 60% con il Volontariato Vincenziano, il 51,1% con gli Scout dell’Agesci, il 42,1% con i Centri di Aiuto alla Vita, il 36,8% con le Acli.  Solo lavorando uniti, “a tutti i livelli della società”, si potrà infatti, come sottolinea Papa Francesco “superare non solo il coronavirus, ma anche tanti altri virus che da tempo infettano l’umanità”, come “il virus dell’indifferenza, che nasce dall’egoismo e genera ingiustizia sociale”.