La campagna “Cibo per tutti”

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L’appello lanciato da Papa Francesco a tutta l’umanità rappresenta un impegno alla mobilitazione, per rimuovere le cause della fame e le fonti di una disuguaglianza sempre più profonda, per porre un freno alle derive di un sistema finanziario fuori controllo, per rispondere alla domanda di giustizia ed alla necessità di perseguire il bene comune. Si tratta di questioni che ci interpellano direttamente in questi tempi di crisi, che sembrano aver ridisegnato anche i confini della povertà e della vulnerabilità: non sono soltanto i ‘paesi poveri’ a richiedere la nostra attenzione; i segni della deprivazione e della sofferenza sono ben presenti nel nostro mondo, assieme ai paradossali sintomi dello spreco e della dissipazione.
Il tema del diritto al cibo è dunque l’elemento centrale da cui è necessario partire: rimuovere lo ‘scandalo della fame’ che ancora affligge un’ampia porzione della popolazione del pianeta. Promuovere una prospettiva che restituisca dignità a tutta l’umanità, in equilibrio con i limiti biofisici del pianeta e nel rispetto del diritto alla vita delle generazioni che seguiranno è l’impegno cui siamo chiamati. La complessità delle cause ci sollecita ad affrontare la tematica principale del diritto al cibo in una prospettiva più ampia, attraverso i diversi elementi che la legano ai temi della buona finanza e della costruzione di un mondo di pace.
Con questa prospettiva nasce la Campagna “Una sola famiglia umana, cibo per tutti: è compito nostro”, che si pone l’obiettivo di promuovere consapevolezza ed impegno sugli squilibri del pianeta, avendo come aspetto centrale l’elemento educativo. La campagna nasce sulla base di una forte mobilitazione di enti ed organismi del mondo ecclesiale italiano, e si sviluppa a livello locale, con i territori in veste di protagonisti: le diocesi, gli organismi di volontariato e le ONG. La campagna intende coinvolgere prioritariamente i giovani, nelle parrocchie, nei movimenti, nelle scuole, ed anche i giovani imprenditori.
I temi sopra menzionati, sono oggetto di attenzione da parte di Caritas Internationalis, con una grande campagna internazionale incentrata sul tema del diritto al cibo, e di CIDSE, che sollecita i propri membri a riflettere sull’idea di un modello di sviluppo alternativo, orientato alla giustizia e alla dignità dell’uomo. La campagna “Una sola famiglia umana, cibo per tutti: è compito nostro” ne rappresenta l’articolazione italiana.

 

Il diritto al cibo è riconosciuto, sin dal 1948, dalla Dichiarazione Universale sui Diritti dell’Uomo come uno dei diritti umani fondamentali. Si tratta a tutt’oggi di un diritto negato ad una parte consistente della popolazione del pianeta: .è consapevolezza comune che più di un miliardo di persone si trovi attualmente priva di cibo adeguato, in quantità e qualità. L’attuale crisi internazionale ha reso ancor più vulnerabile la situazione di masse ingenti di persone già colpite dalla fame, a cui si contrappone però una sempre maggiore diffusione dello spreco dei beni alimentari, e delle malattie legate all’obesità.
È quindi urgente affrontare la questione del diritto al cibo analizzando questi elementi di squilibrio globale. Si tratta di una situazione che ha le sue radici in scelte politiche ed economiche dannose, responsabili di dinamiche di produzione, distribuzione, e sistemi di commercio internazionale sconsiderati segnate da gravi squilibri. E’ necessario invece sviluppare nuovi modelli, in grado di garantire il diritto al cibo, favorendo il protagonismo dei gruppi più svantaggiati, puntando su sistemi di produzione basati sulla valorizzazione del territorio e sul legame tra produzione agricola e gestione degli ecosistemi.

Il sistema finanziario globale è uno dei meccanismi internazionali che ha maggiormente contribuito all’attuale crisi internazionale. Poche grandi banche, a livello mondiale, concentrano nelle proprie mani un enorme potere finanziario, intrecciando le attività tradizionali di deposito e credito, con operazioni d’investimento, soprattutto di carattere finanziario rischioso e speculativo a livello globale, tali che un loro fallimento genererebbe effetti disastrosi: sia direttamente per i dipendenti e i risparmiatori, che indirettamente per il sistema delle imprese, i lavoratori e per tutti i cittadini. Questa dinamica è il frutto di relazioni finanziarie squilibrate e di un sistema di regole mal funzionante, che ha favorito comportamenti speculativi e finalizzati al guadagno di pochi nel breve periodo, a danno di molti, generando dinamiche e rischi sistemici che colpiscono tutti i paesi del mondo.
Tutto questo colpisce i paesi del Sud del mondo in modo particolarmente severo, con la speculazione finanziaria i prezzi dei generi alimentari sono schizzati in alto generando le cosiddette “guerre del pane” e nuova fame. Oltre ad una maggiore vulnerabilità rispetto alle instabilità del mercato finanziario, la crisi ha determinato una riduzione dell’aiuto a dono da parte dei paesi ricchi, una contrazione del flusso di rimesse dei migranti, e una riduzione della liquidità e del credito internazionale. E’ necessario mobilitarsi a tutti i livelli, per la costruzione di relazioni finanziarie rinnovate secondo principi etici; per ricercare e proporre alternative, nuovi meccanismi di regolazione come la tassa sulle transazioni finanziarie; e per promuovere una mobilitazione nella direzione del sostegno al bene comune .

La questione della pace e della fraternità fra i popoli è, ora più che mai, di fondamentale importanza, se si vuole dare soluzione durevole ai problemi sopra menzionati. Esistono numerosi fattori che ostacolano la pacifica convivenza, e sono responsabili di squilibri, instabilità, guerre e conflitti che si riverberano nella fame; si tratta di elementi radicati nelle scelte dei popoli e dei loro governanti e che riguardano questioni politiche, economiche, sociali e ambientali, tra le quali stanno assumendo sempre più rilevanza i conflitti per l’accaparramento delle terre. Il rinnovamento delle relazioni tra le persone, le comunità, i paesi è l’unico percorso possibile se si vuole realizzare un mondo dove si sperimenti l’accoglienza, il rispetto e la dignità di ogni abitante del pianeta, la salvaguardia del creato, della terra e dei beni comuni. Sperimentare relazioni di pace significa cercare modalità di superamento dei conflitti che guidino verso la convivialità delle differenze.
Le cifre sproporzionate che nel mondo si impiegano per mettere a punto sistemi di arma sempre più sofisticati rappresentano un segnale di quanto sia necessario sviluppare un approccio di pace nella gestione delle risorse pubbliche. La costruzione di un mondo di pace è innanzitutto un mondo libero da violenza e sopraffazione, ma anche un mondo in cui ad ogni donna ed ogni uomo sia consentito vivere in piena dignità. E’ necessario quindi agire sull’insieme dei fattori, che limitano un percorso in questa direzione, promuovendo equità nella distribuzione delle risorse, democrazia, partecipazione politica, efficaci strutture di governo nazionale ed internazionale, e processi di disarmo globale significativi ed efficaci.