Carceri meno affollate. In Toscana cala il numero dei detenuti fino a raggiungere le 3.280 presenze

Norme anti-affollamento detentivo e misure alternative alla pena. Dopo 5 anni dall’esecuzione  dei primi interventi finalizzati a ridurre la popolazione carceraria, cambiano i numeri di coloro che, in Italia, vivono dietro le sbarre.

Nelle 18 strutture toscane si contano attualmente 3.280 detenuti per una capienza regolamentare pari a 3 mila e 400 posti. Il dato manifesta un forte calo di presenze, considerato che a soli 5 anni dall’esecuzione del provvedimento legislativo sono usciti 1.547 detenuti. I congedati beneficeranno delle misure alternative alla pena detentiva (impiegato maggiormente è l’affidamento ai servizi sociali seguito dagli arresti domiciliari), istituti che permettono di limitare il sovraffollamento della popolazione carceraria.

Come riferito da “Antigone”, l’associazione che si batte per i diritti e le garanzie nel sistema penale, i numeri sono ancora troppo bassi. Secondo Andrea Scandurra, coordinatore delle attività di ricerca di Antigone, bisogna rivedere il sistema della pena così da ridurre la recidiva e facilitare il reinserimento sociale dei detenuti, in modo tale che non possano più delinquere.

L’abbassamento del 23% delle presenze nei carceri di tutta Italia sarebbe ancora troppo basso, ma nello stesso tempo soddisfacente se si considera che alla fine del 2010 erano presenti nelle carceri italiane circa 68 mila detenuti di fronte a una capienza regolamentare di poco più di 42 mila posti. Oggi, invece, i condannati ospiti nelle celle nazionali sono poco meno di 52 mila 300.

Un altro dato rilevante riguarda la presenza di stranieri nelle case circondariali: un terzo dei detenuti non è italiano (per l’esattezza il 33% è originario di uno stato estero) e la percentuale si ripete anche nei singoli istituti. In Toscana tra quei 3280 reclusi, 1480 appartengono a un’altra nazionalità e hanno subito condanne anche per reati minori. Lo stesso accade per molte altre regioni che, come documentato dai dati aggiornati al 30 settembre 2015, computano il medesimo 33% (fatta eccezione per Lombardia, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige che superano di misura la percentuale).

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