Con-dividere per moltiplicare. L’editoriale di giugno-luglio del direttore della Caritas diocesana don Emanuele Morelli

Con-dividere per moltiplicare è il tema ed il senso della partecipazione della famiglia Caritas a EXPO 2015. Ha detto il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, già Presidente di Caritas Internationalis: “Siamo a EXPO perché Caritas Internationalis, con le sue 164 organizzazioni in tutto il mondo, ha molto da dire a proposito della fame nel mondo. Ogni giorno incontriamo i poveri, gli affamati, gli esclusi e ogni giorno sappiamo che sradicare la fame nel mondo significa difesa della dignità umana”. È vero! Anche se “dividere per moltiplicare” sembra un controsenso, un ossimoro, come dire “disgustoso piacere” o “silenzio assordante”. Come si può dividere qualcosa per avere di più? Eppure “dividere per moltiplicare” è una strategia vincente che da sempre esiste in natura. Ce lo insegna la fisica, la chimica e la biologia. L’origine della vita nasce da una divisione di cellule che genera moltiplicazione di persone; la condivisione delle idee genera la moltiplicazione dei progetti; la condivisione del cibo attorno alla stessa mensa genera la moltiplicazione dell’amicizia.

Allora perché non scegliere questo principio anche nella vita di tutti i giorni, nelle politiche per l’uomo e nella cura del pianeta? Oltretutto pare proprio che “con-dividere per moltiplicare” sia stata prassi usuale di Gesù. Marco racconta (Mc 6,30-45) che Gesù moltiplica il pane per la moltitudine solo dopo che i discepoli hanno condiviso con lui il poco che avevano, cinque pani e due pesci. “Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero”. Solo il pane condiviso può essere moltiplicato. Ma sopratutto afferma che sul piatto della fame delle moltitudini la pietanza deve essere la vita dei discepoli: “Date loro voi stessi (come cibo) da mangiare” La condivisione/moltiplicazione dei pani è un’azione di una forza straordinaria, come quelle usate dai profeti per annunziare la volontà di Dio e per innestarla ed iniziarla nel presente dei loro uditori. Un atto straordinario, simbolico, provocatorio che costituisce un preludio creativo del futuro di Dio. Condividere per moltiplicare non è solo un esempio per far capire meglio le parole: ma innesta nella nostra storia la realtà che annuncia. Noi, attori di questo gesto, siamo invitati a ripensare la nostra vita e cambiare modo di essere. Per questo il gesto del pane spezzato e condiviso richiede una risposta di vita altrettanto profetica ed è “atto critico” dentro ogni società. Gesù nel dono eucaristico del pane e del calice dona se stesso, dona la sua stessa morte come coronamento di una vita vissuta nella pro-esistenza, in quei gesti egli ha riassunto tutto il suo essere ed agire . Quel “fate questo in memoria di me” non deve essere la ripetizione “teatrale” del gesto di Gesù. Non ci possiamo accontentare di ripetere il segno nella sua forma esteriore, ma dobbiamo lasciarci provocare dal significato profondo del segno che compiamo. L’eucarestia che celebriamo ci chiede di prendere la forma del pane spezzato e condiviso, di essere esperienza di condivisione nella nostra vita quotidiana. Scriveva il vescovo Plotti negli Orientamenti Pastorali 2004 “Siamo chiamati a fare quello che ha fatto il Signore nei gesti della nostra vita quotidiana. Non possiamo permetterci di ridurre al livello dei riti la pro-vocazione alla pro-esistenza (la vita che diventa dono per gli altri) contenuta del duplice segno eucaristico del pane condiviso e dei piedi lavati. Se ciò che la Chiesa celebra è norma di ciò che la stessa Chiesa crede, c’è altresì bisogno che la vita dei credenti e la testimonianza delle comunità cristiane non smentiscano ciò che viene celebrato e creduto, ma ne completino e ne esprimano la verità e l’efficacia. La fede e l’azione di grazie diventano visibili al mondo attraverso la vita sociale, professionale e familiare dei cristiani, il loro impegno civile, culturale e caritativo, il loro agire economico e politico”. Dobbiamo permettere all’incontro con il Signore risorto di riconsegnarci alla pienezza della nostra vita che non è altro che “diventare umani”. Condividere oltre che condizione necessaria per moltiplicare e far crescere il ben-essere è ciò che ci fa restare umani. I percorsi della condivisione non sono gesti o atti straordinari che fanno di noi dei super eroi ma gesti ordinari di una diversa normalità, quella di “esseri umani che hanno il coraggio di essere umani!” (cit.)