Sono ininterrotti e devastanti i bombardamenti in Darfur. L’azione militare da parte del governo di Khartoum ha preso di mira le postazioni dell’esercito ribelle locale nella zona del Jebel Marra, colpendo anche la popolazione civile senza distinzione. Nel mese di gennaio 2016, secondo un comunicato della missione dell’Onu in Darfur (UNAMID), 8.403 persone hanno cercato rifugio e protezione per sfuggire ai bombardamenti, e oltre 2mila sono gli sfollati nella zona di Tawila. Questa operazione bellica perdura senza soluzione di continuità dalla guerra civile iniziata nel 2003 (con un nuovo impeto dopo l’indipendenza del Sud Sudan, nel 2011), lasciando poche speranze a una soluzione definitiva e immediata del conflitto. Continuano senza violazioni massive dei diritti fondamentali, manifestando l’aggravarsi della situazione e la sua estensione geografica: molti sono gli sfollati e i rifugiati che vivono ormai da anni in campi o presso famiglie ospitanti.
Tra le cause dello scontro vi è anche la recente scoperta dell’oro e la ricchezza di acqua nel sottosuolo nella regione colpita spesso da siccità, elementi che incrementano la conflittualità e aggravano la già precaria situazione della popolazione privata del bestiame e dei raccolti e costretta a subire il rialzo dei prezzi dei beni alimentari. In questo contesto di estrema precarietà, continua incessante da dieci anni, l’azione di Caritas in collaborazione con ACT Alliance, Norwegian Church Aid e alcune ONG sudanesi, nella speranza che si possa trovare una soluzione politica agli scontri in atto e si creino le condizioni per un uso condiviso e pacifico delle risorse naturali presenti nella zona. Il programma per il 2016 prevede un aiuto ad oltre 500 mila persone, soprattutto sfollati, ma anche persone che rientrano nelle terre di origine e comunità rurali e di pastori.
Caritas Italiana segue e appoggia da molti anni gli interventi in atto e per il 2016 ha stanziato un contributo di 40 mila euro. Gli interventi si rivolgono in particolare ad attività di igiene e supporto nutrizionale, soprattutto per i bambini; distribuzione di acqua potabile, costruzione di pozzi e latrine; distribuzione di cibo e rafforzamento dei mezzi di sussistenza per le popolazioni locali; miglioramento delle capacità degli operatori umanitari locali (gli unici autorizzati a operare sul terreno), per la sostenibilità nel tempo degli interventi. Dato il protrarsi della crisi le azioni sono finalizzate il più possibile a eliminare o almeno ridurre il bisogno di assistenza rafforzando le autonome capacità di sostentamento delle comunità locali.