Pisa, venerdì 14 ottobre 2016 – Adesso li vogliono tutti. Quattro coppie di futuri coniugi li hanno già prenotati per le loro feste nuziali in programma nei prossimi mesi. Cantano bene e portano nella liturgia una ventata di colore e spiritualità tutta africana Collins, Destiny, Ibraham e James, i quattro nigeriani richiedenti asilo ospiti da un anno nella casa canonica di Limiti (San Giuliano Terme), quella inaugurata il 13 marzo 2013, giorno dell’elezione di Papa Francesco. E da quando fanno parte del coro dell’unità pastorale delle Prata (che comprende anchele parrocchie di Pontasserchio, Pappiana e San Martino Ulmiano) almeno a San Giuliano Terme e dintorni se ne sono accorti in tanti. «Anche questa è integrazione» sorride don Davis Emeanuli, viceparroco e sacerdote nigeriano che da oltre un anno sta accompagnando la piccola comunità di richiedenti asilo provenienti dal grande Paese africano che ha messo radici alle pendici dei Monti Pisani. «Ho proposto l’inserimento nel coro e nelle altre attività parrocchiali per aiutarli a praticare di più la lingua italiana dato che non basta frequentare il corso qualche ora la settimana per apprenderlo – dice -. Inoltre in questo modo si favorisce l’interazione e la conoscenza con gli altri parrocchiani e gli abitanti del nostro territorio». Il coinvolgimento della piccola comunità nigeriana, comunque, riguarda anche altri ambiti della pastorale della parrocchie : «Insieme agli altri nove ragazzi che abitano nella Casa Caritas di Pontasserchio, aiutano anche nella pulizie delle quattro parrocchie dell’unità pastorale e partecipano anche alle altre attività parrocchiali – racconta il sacerdote -: in particolare un giovane nucleo familiare africano frequenta anche il percorso che facciamo con le altre famiglie del territorio». Il risultato, per il parroco nigeriano, è più che soddisfacente: «Sono stati accolti molto bene fin dall’inizio, ma quando sono arrivati, un annetto fa, erano percepiti soprattutto come persone da aiutare, che avevano bisogno di tutto. Adesso, invece, il rapporto è più alla pari – spiega -: hanno sicuramente dei bisogni, ma possono dare anche molto e, grazie al coro e agli altri servizi che svolgono nelle parrocchie, ora in tanti cominciano ad accorgersene».
«Qua stiamo bene: sentiamo molta amicizia e calore attorno a noi» conferma Destiny, 27 anni e una famiglia e un lavoro lasciati in Nigeria poco più di dodici mesi fa. «Lavoravo nel negozio di famiglia in cui vendiamo abiti e accessori per matrimoni, ma sono dovuto fuggire per “colpa” della politica» racconta. «Insieme ad altri, nella mia città, inftti, siamo passati dal Partito democratico della Nigeria all’Enc, ma una notte si è scatenata una vera caccia all’uomo contro tutti coloro che avevano fatto questa scelta – ricorda -: ci sono state delle vittime e a me non restata altra scelta che andarmene». Per un nigeriano cattolico dello Stato di Edo, però, ritrovarsi in una zona nelle mani dei fondamentalisti islamici di Boko Haram è quasi come passare dalla padella alla brace. «Così sono partito per la Libia e da lì mi sono imbarcato per l’Italia: ci hanno caricato in più di cento su una bagnarola che imbarcava acqua da tutte le parti. Io non avevo mai visto il mare e non sapevo nuotare: per tutto il viaggio ho solo pregato Dio che ci vacesse incontrare qualche mezzo di soccorso perchè sicuramente non saremmo riusciti ad arrivare a destinazione. Fortunatamente sono stato esaudito ed eccomi qua, a cercare di ricostruirmi una vita».
Destiny è uno dei quattro “inquilini” della casa canonica di Limiti, struttura gestita dalla cooperativa sociale Paim. Al pari dei nove che che vivono nella Casa Caritas di Pontasserchio e alla famiglia ospitata a Sant’Andrea a Lama, nella parrocchia di Calci. In tutto fanno sedici persone ospitate nelle strutture parrocchiali della diocesi. Un cammino lungo più di un anno e punteggiando di eventi che hanno segnato tappe importanti del percorso d’accoglienza: a Calci a dicembre scorso è nato Antonio, il figlio di Andrew e Franca, approdati in Val Graziosa dopo essere fuggiti dalla Nigeria, costretti da Boko Haram ad abbandonare i banchi dell’università. Si chiama così in onore di monsignor Antonio Cecconi, il parroco che li ha accolti. A Pontasserchio e San Martino Ulmiano, invece, sono stati festeggiati tre battesimi: i primi due nel dicembre scorso, delle piccole Emmanuela e Giulia, figlie di Augustina e Ruth, accolte nella Casa Caritas. L’ultimo, invece, è stato quello d’inizio settembre della piccola Laura, anch’essa ospite della struttura di Pontasserchio. Complessivamente sono sedici i richiedenti asilo accolti dalle parrocchie e dalla chiesa pisana, anche se il contributo complessivo all’accoglienza nel territorio pisano è notevolmente superiore: 148 persone, infatti, sono ospitate ad Arena Metato, in una struttura messa a disposizione dalla congregazione del Cottolengo, e altre cinquanta nell’ex convento delle domenicane di via della Faggiola, a poche centinaia di metri dalla Cattedrale.
«Quelli promossi dalle parrocchie sono percorsi significativi che raccontano di comunità che si fanno realmente prossime e condividono un cammino con le persone accolte, ma sono numericamente ancora troppo limitati» sottolinea il direttore della Caritas diocesana don Emanuele Morelli. Che, d’accordo con l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto, ha preso carta e penna e scritto a tutti i sacerdoti per sollecitare la condivisione delle parrocchie: «Possiamo fare di più, per questo vengo a chiedervi di adoperarvi per reperire strutture per l’accoglienza dei profughi – ha scritto -: sono persone che fuggono dal loro paese per fame, guerre e persecuzioni. Accogliendo loro, senza saperlo, accogliamo il Signore Gesù».