“Ancora troppa violenza è contrabbandata in nome di Dio e della verità”. L’intervento di monsignor Roberto Filippini su Equagenda 2016

Per iniziare a percorrere il sentiero del dialogo è necessario, come primo passo, disinnescare l’uso antico e sempre di moda della religione come instrumentum regniCi si serve spesso di simboli e concetti religiosi per mobilitare le masse e niente è più politico dell’uso politico della religione. Ma si tratta di un uso improprio, mentre le crisi in atto, in gran parte causate della dinamiche del potere e dell’economia, hanno ben poco a che fare con le dimensioni specifiche dell’esistenza religiosa.

roberto filippini

Favorire il dialogo interreligioso può portare a smascherare questi meccanismi e a purificare le stesse forme religiose, che prestano il loro fianco. Spesso i credenti,pur predicando la pace, la libertà, la solidarietà, di fatto hanno fomentato contese e lacerazioni. Ancora troppa violenza è consumata e contrabbandata in nome di Dio e della verità. Termine quest’ultimo pieno di fascino ma anche di drammatica ambiguità. soprattutto se per verità, ognuno intende ciò in cui crede e integralisticamente ne rivendica l’esclusività.

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Il vero credente, al contrario, è convinto più della povertà della sua condizione di erranza, che del possesso definitivo della verità. Ha un cuore sempre inquieto ed è alla continua ricerca di quel Volto che gli si è rivelato in una forma ben precisa ma che non disdegna di rivelarsi in infinite diverse forme nella storia dell’umanità. Da qui l’importanza, anzi la necessità di dialogo. Non è un caso che i credenti delle tre grandi religioni monoteiste riconoscano le proprie origini nell’emblematica figura di Abramo, l’uomo chiamato da Dio a mettersi in cammino verso una terra su cui non si fermerà, perché cifra di un ulteriore traguardo e di una più grande promessa.

Ed è proprio ad Abramo che anche Papa Bergoglio si ispira in uno dei passaggi più sorprendenti, della famosa intervista concessa a P. Spataro della Civiltà Cattolica, il 19 agosto 2013: “Bisogna rileggere il capitolo 11 della lettera agli Ebrei.” – Egli afferma – “Abramo è partito senza sapere dove andava, per fede. Tutti i nostri antenati della fede morirono vedendo i beni promessi ma da lontano… La nostra vita non ci è data come un libretto d’opera in cui c’è scritto tutto, ma è andare, camminare, fare, cercare, vedere..Sì, in questo cercare e trovare Dio in tute le cose, resta sempre una zona di incertezza. Deve esserci. Se una persona dice che ha incontrato Dio con certezza  totale e non è sfiorata da un margine di incertezza, allora non va bene. Per me questa è una chiave importante. Se uno ha le risposte a tutte le domande, ecco che questa è la prova che Dio non è con lui. Vuol dire che è un falso profeta, che usa la religione per se stesso…Si deve lasciare spazio al Signore, non alle nostre certezze; bisogna essere umili…”

monsignor Roberto Filippini