Pisa, venerdì 7 ottobre 2016 – “L’esempio è l’Indonesia che però riconosce cinque religioni e celebra le festività di ciascuna di esse”. Don Severino Dianich, teologo e vicario episcopale per la pastorale della cultura e dell’università della diocesi di Pisa Prende ad esempio e a pretesto il più popoloso paese musulmano del mondo, per dire “Dobbiamo tendere all’integrazione fra le diverse religioni, anche se è doveroso che lo stato mantenga un controllo, dal punto di vista dell’ordine pubblico, sui luoghi di culto di ogni fede. Curiosamente, invece, l’opposizione alle moschee rischia di alimentare, invece, che risolvere, i problemi di sicurezza dato che quello che è pubblico è più facilmente controllabile di ciò che non lo e”. In platea, nel salone parrocchiale della Chiesa di Santo Stefano Extra Moena, quasi un centinaio di persone, che ascoltano senza che si senta volare una moschea. Per le capacità del relatore sicuramente ma anche perché il tema li riguarda da vicino dato che proprio Porta a Lucca è il quartiere destinato ad ospitare la moschea di Pisa.
Probabilmente, quindi, non è un caso se proprio questa parrocchia ha sentito in modo particolarmente forte la necessità di confrontarsi sul tema della libertà religiosa. Un argomento che monsignor Dianich ha affrontato partendo dalle responsabilità e colpe del cristianesimo, “a cominciare da quelle dei conquistadores che trovarono naturale arrivare a teorizzare la superiorità del credenti in Gesù a fini di conquista”, evidenziando la scia di sangue seguita alle guerre di religione in Europa a cavallo fra ‘600 e ‘700. E senza sottrarsi neppure all’attualità politica: “Il crocifisso nei luoghi pubblici? Ci sono tante posizioni, tante delle quali anche condivisibili. Una sola, invece, è inaccettabile ed è quella di chi è impegnato tanto nella battaglia per il crocifisso nei locali pubblici, quanto nella guerra all’islam”.