Pisa, 24 luglio 2022 – Cento anni fa , il 24 luglio 1922, nasceva a Lucca Maria Eletta Martini. Per ricordarla riproponiamo un testo scritto da don Antonio Cecconi il 29 dicembre 2011, in occasione della sua scomparsa
Se n’è andata in silenzio, così come ha vissuto i suoi ultimi anni. Un silenzio esteriore abitato da una fede profonda. Maria Eletta Martini portò nella vita ecclesiale e nell’impegno civile, insieme alla fede, la sua cultura, la sua sensibilità, la storia della sua terra (la bianca Lucca nella rossa Toscana) e della sua famiglia: il padre Ferdinando fu primo sindaco della città nel dopoguerra e senatore DC. Lei, giovane staffetta partigiana, laureata in lettere e insegnante, consigliere comunale, vicepresidente nazionale del CIF, arrivò in Parlamento nel ‘63. Fu anche vicepresidente della Camera e presidente della Commissione Sanità al tempo della legge sull’aborto. Si deve a lei se il testo antepone all’interruzione della gravidanza la “tutela sociale della maternità”. A Montecitorio, e per una legislatura al Senato, fu determinante per molte altre leggi: istituzione del servizio sanitario nazionale, nuovo diritto di famiglia, obiezione di coscienza al servizio militare, adozioni, cooperazione internazionale. Nel ’92, a settant’anni, nonostante fortissime pressioni, rinunciò a candidarsi.
Una delle sue “creature” più care fu la legge quadro del volontariato (L. 266/1991), sintesi di una sensibilità e una cultura che seppe diffondere ben oltre i confini del suo partito e del “suo” mondo cattolico. A lei si devono i convegni che per molti anni portarono a Lucca esponenti del composito mondo del volontariato italiano e anche straniero, luogo privilegiato di confronto e elaborazione di idee. Per lei – e, alla sua scuola, per molti – il volontariato non fu mai ripiego, ma contributo originale di cittadinanza, “sentinella” sui bisogni e le povertà, palestra di partecipazione democratica. Scrisse che l’associazionismo e il volontariato “sono realtà difficili da gestire, impossibili da imbrigliare, ma che fanno ricca e libera la vita democratica di un paese. C’è in atto un tentativo subdolo che formalmente le valorizza, ma tenta di costringerle tra poteri forti: le istituzioni e il denaro, ieri si sarebbe detto tra lo stato e il mercato. Io mi auguro che soprattutto le associazioni sappiano conservare la loro identità e la loro libertà, perché esse sono un inciampo verso l’autoritarismo. Ricordo spesso ai miei amici volontari come il fascismo mal tollerò queste esperienze…”. Nella breve citazione c’è tutta Maria Eletta, la sua capacità di stare accanto alle persone e insieme di allargare lo sguardo. Una cristiana che voleva e sapeva stare dentro il flusso della storia.
La citazione, come altre che seguono, è tratta da una sua pubblicazione del ’97 dal titolo emblematico: “ANCHE IN POLITICA CRISTIANI ESIGENTI”. Esigenti prima di tutto con se stessi, per una politica come servizio al bene comune. Finita la DC, preoccupata di un’assunzione parziale e strumentale della dottrina sociale da parte di nuovi soggetti politici, si chiese: “È così secondaria la parte relativa alla giustizia, alla difesa dei deboli non lasciata solo alla pur importante iniziativa dei singoli, ma compito essenziale delle istituzioni politiche?”.
Nel testo, dopo aver tratteggiato il suo percorso di vita, presenta tre figure che – insieme al padre Ferdinando – furono i suoi riferimenti più alti e costanti per il suo impegno politico di laica cristiana: Mons. Enrico Bartoletti, Aldo Moro e Mons. Filippo Franceschi.
Di Bartoletti, negli anni in cui fu Vescovo a Lucca prima di diventare Segretario della Cei, la Martini fu fedele discepola e intelligente interlocutrice; ne descrive le qualità di un pastore “acuto nelle analisi politiche e culturali (…). Su suo incarico, in prossimità delle Politiche del ’68, informai i politici locali che il Vescovo li invitava ad attrezzarsi adeguatamente … perché la chiesa lucchese in quanto tale non si sarebbe impegnata per le elezioni, e perché la sua responsabilità di vescovo non gli consentiva la costituzione dei Comitati …”. Non è difficile immaginare la sua piena adesione (e forse anche il concorso) a tale indirizzo.
Di Moro, la Martini fu convinta sostenitrice, partecipe dell’elaborazione culturale all’interno di una piccola “corrente” che proprio in virtù della poca consistenza numerica puntava non a spartire posti, ma a seminare idee e cultura politica.
Di Mons. Franceschi, prete lucchese suo amico e poi vescovo, Maria Eletta in particolare si sofferma sul contributo dello stesso Franceschi al Convegno ecclesiale “Evangelizzazione e promozione umana”.
In virtù della sua cultura e di una grande umanità, che la rendevano quasi naturalmente capace di stare nella complessità e nel cambiamento, l’appartenenza politica non le impedì mai di confrontarsi e addirittura alimentare le istanze pluraliste, il dialogo tra diversi e anche lontani, lo sguardo sul futuro. Protagonista attiva e lucida di un Parlamento che (allora!) le leggi le faceva davvero, curò sempre l’approfondimento dei temi che andava a trattare: “Ho sempre pensato che sia indispensabile il collegamento necessario dei politici con gli uomini di cultura e le istituzioni in cui essi operano; la memoria del passato, le analisi del presente sempre in cambiamento per l’evoluzione dei criteri che guidano l’economia , la scienza, la biologia; e ho apprezzato i politici capaci di realizzarlo, non molti per la verità. Perché il “conoscere” esige tempo e fatica, ma rende anzitutto liberi nel proprio agire.”
Ho avuto la fortuna di far parte insieme a lei dell’Osservatorio nazionale del volontariato, di partecipare a molti incontri di studio, di parlare a quattrocchi con lei di cose della chiesa e della società. Mi sarà difficile dimenticare il suo parlare preciso e asciutto, la nettezza e insieme il distacco nella valutazione di fatti e persone. E la sua fede mai ostentata, alimentata di profonda preghiera e vissuta con i voti emessi nell’istituto secolare Regnum Christi; la disponibilità a incontrare la gente, soprattutto i giovani nelle parrocchie e nei campi scuola estivi. Bastava fissare una telefonata e passare a prenderla: erano ore di arricchimento spirituale e umano.
In memoria di lei, donna che visse in pienezza di fede e di speranza la stagione conciliare, va riletto il passo della Gaudium et Spes (n. 34) in cui si afferma che “il messaggio cristiano, anziché distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo e incitarli a disinteressarsi del bene dei propri simili, li impegna piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più stringente”. Un obbligo che Maria Eletta Martini onorò con l’oblatività di tutta una vita e di cui seppe far dono alla chiesa e al mondo.
don Antonio Cecconi