La lezione di Toniolo, l’arcivescovo Benotto: “Il valore delle relazioni come antidoto alla paura”

Pisa, domenica 23 settembre 2018 – “Toniolo dà fondamento all’idea di popolo, ossia di una società costituita da diverse comunità, ciascuna delle quali con una propria identità”. E’ partito da qui il professor Antonio Maria Baggio, docente di filosofia politica all’Università Sophia, l’ateneo internazionale di Loppiano nato nel 2008 da un’intuizione di Chiara Lubich. Per raccontare non solo l’attualità del pensiero dell’economista e sociologo, dal 1873 docente dell’ateneo pisano e fondatore delle settimane sociali dei cattolici italiani.  Ma anche il motivo per cui,«purtroppo», gran parte delle «intuizioni tonioliane sono rimaste largamente incomprese». Lo ha fatto venerdì scorso, nella biblioteca dell’ex Convento dei Cappuccini di San Giusto (Pisa) nel corso di un incontro pubblico organizzato nell’ambito delle celebrazioni per i cento anni dalla morte dello studioso, dichiarato Venerabile nel 2011 e beatificato il 29 aprile 2012 nella Chiesa di San Paolo Fuori le Mura a Roma.

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“Toniolo – ha spiegato Baggio – ha utilizzato parole e concetti che all’inizio del ‘900 erano molto diffusi, non solo nella filosofia e nelle scienze politiche, ma anche nel linguaggio comune ma con un significato tutto suo, diverso da quello prevalente al tempo. Parlava della necessità di una “coscienza di classe” ad esempio, ma non certo in un’ottica marxiana: bensì era convinto che ogni ceto sociale dovesse prendere consapevolezza di sé stessa per comprendere il proprio ruolo nella società. E ricorreva pure, spesso, al concetto di “corporazione” ma non in senso fascista: per lui, anzi, le corporazioni non sarebbero dovute servire per controllare la società civile, bensì per tutelarla rispetto alle istituzioni statali”. Per Toniolo, infatti, “il vivere in comunità è un tratto peculiare degli esseri umani e, dunque, quello di associazione è a pieno titolo un diritto naturale di tutte le persone”.

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Sono tante, per Antonio Maria Baggio le lezioni non colte del pensiero tonioliano: “In primo luogo con riferimento al rapporto fra etica ed economia dato che Toniolo aveva ben chiaro come anche le attività private dovessero tendere al bene comune e che, per soddisfare l’operaio o il dipendente, non è sufficiente il solo salario ma è necessario guardare a che tipo di comunità si crea o si rischia di distruggere alimentando determinati rapporti di produzione” ha spiegato il professor. L’altro vettore della riflessione dell’economista e sociologo pisano è il cosiddetto “sociale”: “Toniolo è tutt’altro che assistenzialista ma, anzi, è convinto che proprio i circuiti dell’assistenza sono, da sempre, uno dei più grandi strumenti di controllo delle masse” e, con riferimento alla democrazia, introduce il concetto di “rappresentanza qualificata sostenendo la necessità che le diverse categorie sociali abbiano una propria rappresentanza politica – ha sottolineato Baggio -: la sua convinzione, infatti, è che lo Stato non sia in grado di produrre, da solo, i valori di cui ha bisogno per funzionare. Semmai è la società che alimenta le istituzioni”. La terza lezione tonioliana riguarda la prospettiva: “La necessità di ricostruire il sociale era vera allora e lo è ancora oggi, ma i tempi non possono essere quelli della fine di una legislatura – ha concluso il docente dell’Università Sophia -: non dobbiamo avere l’ansia ideologica di vedere subito il risultato”

Le conclusioni le ha tirate l’arcivescovo di Pisa Giovanni Paolo Benotto: “La spiritualità profonda di Toniolo è dono di sé ed è qualcosa di cui abbiamo profondamente bisogno oggi, un tempo in cui stiamo cancellando la gratuità nelle relazioni dal nostro orizzonte valoriale. Eppure è solo ritrovando il valore e la bellezza delle relazioni che si vince la paura”.