“La libertà religiosa è una delle madri delle libertà fondamentali, negarla vorrebbe dire ledere uno dei principali diritti della persona”. E’ il pensiero unanime della tavola rotonda organizzata dall’università di Pisa al polo Carmignani, che questa mattina (17 marzo) ha riunito i maggiori esperti di diritto costituzionale ed ecclesiastico. A presentare il convegno “Libertà di espressione e libertà religiosa in tempi di crisi economica e di rischi per la sicurezza” è stato Roberto Romboli, direttore del dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa, che ha introdotto la tematica incardinandola sull’attuale contesto socio culturale. A moderare e introdurre il dibattito sono stati Francesco Dal Canto, professore di diritto costituzionale dell’Università di Pisa, e Pierluigi Consorti, professore di diritto ecclesiastico dell’Università di Pisa, che hanno analizzato i limiti subiti dalla libertà religiosa alla luce della crisi economico finanziaria e dell’emergenza sicurezza. “Le criticità si sono evolute, si sono consolidate e ora prescindono dai confini nazionali – spiegano – i problemi che riguardano le confessioni ora sono molteplici e guardano a un aspetto prettamente fisico, come i luoghi di culto in aree avulse da quella specifica religione, ma anche culturale”.
Francesco Margiotta Broglio, presidente della commissione consultiva per la libertà religiosa, Francesco Spano, direttore dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio dei ministri, si sono soffermati invece sulla libertà religiosa come espressione della personalità e coscienza di ogni singolo uomo. ” Risconoscere il diritto a una confessione significa assicurare la dignità di ogni persona. Se non si ottemperasse a questo diritto si rischierebbe di ledere il principio di non discriminazione, inteso a favorire tutte quelle realtà che promuovono l’inclusione e le differenze. – affermano – Senza dubbio ci sono delle riforme sostanziali da fare: è necessaria una legge sulla libertà religiosa (al momento il nostro ordinamento conosce solamente una normativa sui culti ammessi)”. Infine i relatori hanno espresso il loro parere anche sulla liberta religiosa in carcere. “Gran parte dei detenuti è di fede islamica, ma non hanno la possibilità di incontrare un imam – spiegano – è palese in questo caso la violazione del loro diritto a praticare la loro religione, è una violazione di una delle loro libertà fondamentali”.