La presentazione del Rapporto Povertà 2023 di Caritas Pisa: 1.819 incontrate nel 2022, un quarto in più rispetto al 2019

 Pisa, mercoledì 13 dicembre 2023 – Sono 1.819 le persone incontrate dalla Caritas nel 2022, più o meno le stesse dei dodici mesi precedenti (1.864) e molto meno delle 2.146 del 2020, il primo anno della pandemia e anche quello dell’impennata record”, quello in cui si è registrato il dato più alto da quando, ormai più 20 anni fa, sono iniziate le rilevazioni dell’Osservatorio diocesano delle povertà e delle risorse. Ma sono anche quasi un quarto in più (+23,9%) rispetto alle 1.417 che si erano rivolte ai servizi dell’organismo pastorale della Chiesa pisana nel 2019, ultimo prima della doppia crisi, iniziata con l’emergenza sanitaria da Covid-19 e le sue conseguenze sociali ed economiche, e proseguita con la guerra in Ucraina e l’impennata dell’inflazione. E’ quanto emerge da “Povertà Plurali”, il sedicesimo Rapporto della Caritas diocesana di Pisa, presentato stamani (mercoledì 13 dicembre) e a cui, oltre al direttore don Emanuele Morelli, è intervenuto anche l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto. “E’ la normalizzazione delle povertà nel tunnel di una crisi che morde un po’ meno ma che è tutt’altro che finita – hanno spiegato i curatori del rapporto-: da un paio d’anni, infatti, il numero delle persone incontrate si è attestato di poco al di sopra delle 1.800 e anche i numeri del primo semestre del 2023 lasciano credere che saremmo attorno a quella cifra, circa 300 in più rispetto alla media del periodo pre-pandemia”.

Un paese. Il dato, per altro, è sottostimato perché si riferisce solo al numero di persone incontrate, anche se le richieste di aiuto e sostegno di quest’ultime, quasi sempre, riguardano l’intero nucleo familiare. Se alle 1.819 donne (55,9%) e uomini (44,1) che nel 2022 hanno bussato alle porte della Caritas di Pisa, infatti, si aggiungono solo gli oltre 1.500 figli conviventi si arriva a circa 3.300 persone. Praticamente un paese. Come Fauglia o poco più grande di Stazzema, solo per citare due comuni della diocesi. Per quanto anche tale dato sia sottostimato perché non include gli eventuali altri familiari conviventi (coniugi e compagna o compagno, genitori, etc).

La povertà minorile. Un dato, fra l’altro, da cui emergono la crescente situazione di fragili dei più piccoli, bambine e bambini e adolescenti non in quanto soli ma perché vivono in famiglie sempre più povere. Dei 1.565 figli conviventi, infatti, quasi i tre quarti (72,6%, 1.137) sono minori. Delle 1.958 persone complessivamente sostenute dalla Cittadella della Solidarietà, l’emporio alimentare con sede al Cep, più di un terzo (35,5%) hanno meno di 18 anni. Si tratta di 695 minorenni, il 51% in più rispetto ai 461 del 2019.

Non si è fermata la crescita delle c.d. “nuove povertà”, ossia di coloro che si sono rivolti alla Caritas negli ultimi dodici mesi. Però ha frenato. Nel 2022 sono stati pari a un terzo (33,1%) di tutte le persone incontrate, un po’ di più rispetto al 2021 (28%), ma molte meno in confronto al 37,4% del 2020. E comunque nei primi 6 mesi del 2023 si fermano al 16,5% contro il 23,3% dello tesso periodo del 2022. “E’, però, ripreso quel processo di cronicizzazione delle fragilità che era molto evidente fino al 2019 – spiegano i curatori del rapporto -: quasi la metà (46,2%) di chi ha chiesto aiuto nel 2022, infatti, si è rivolto alla Caritas negli ultimi tre anni. Sono le famiglie e le persone messe in ginocchio dall’ondata di crisi e che ancora non si sono riprese, tanto da aver sempre bisogno del nostro aiuto”.

I migranti e l’emergenza Ucraina. Dopo anni di costante restringimento della forbice fra italiani e stranieri, nel 2022 la percentuale delle richieste di sostegno da parte dei migranti è tornata a crescere (71% contro 29% degli italiani). E’ soprattutto la conseguenza della guerra in Ucraina e delle migrazioni forzate che ne sono derivate: in un anno (dal 2021 al 2022), infatti, i cittadini ucraini seguiti dalla Caritas sono aumentati di otto volte e questa comunità è diventata di colpo la più numerosa fra quelle immigrate sostenute dai servizi dell’organismo pastorale della Chiesa pisana, con 195 persone, pari al 15,1% di tutti gli stranieri.

La non occupazione e il “lavoro povero”. Oltre la metà (55,3%) di chi si è rivolto alla Caritas nel 2022 si dichiara senza lavoro. Ma cresce, probabilmente anche per effetto dell’inflazione e dei rincari, la quota di chi, pur avendo un’occupazione in regola, ha, comunque, bisogno di sostegno: si tratta di 349 persone, pari al 19,7% delle persone incontrate. Nel 2019 erano 224 corrispondenti al 15% del totale. Significa che in appena tre anni i “lavoratori poveri” sono aumentati del 55,8%.

PRIMO SEMESTRE 2023: INCONTRATI 311 LAVORATORI POVERI, IL 22,8% DEL TOTALE. IN AUMENTO ANCHE LE FAMIGLIE FRAGILI CON MINORI

Da gennaio a giugno le persone che si sono rivolte alla Caritas sono state 1.337, sostanzialmente le stesse (appena tre in più) rispetto al primo semestre del 2022: le donne sono il 56,7% del totale e gli stranieri il 71,3%.  I c.d. “nuovi poveri”, ossia le persone incontrate per la prima volta fra gennaio e giugno 2023, sono pari al 16,5%, un’incidenza nettamente inferiore a quella del primo semestre dell’anno precedente (-6,8%). Per converso, invece, cresce sia la quota di coloro che è conosciuta da almeno 1 anno e da meno di cinque (+4,7%) che quella di chi è conosciuto da più di cinque anni (+2,1%), una condizione che segnala un processo di cronicizzazione della povertà purtroppo consolidata. “Numeri e tendenze – spiegano i curatori – che raccontano soprattutto della persistente vulnerabilità di tante famiglie che si sono rivolte per la prima volta alla Caritas a partire dal 2020, primo anno della crisi pandemica, e che tutt’ora continuano ad averne bisogno. Emblematico al riguardo il fatto che quasi la metà (47,7%) delle persone incontrate nel primo semestre dell’anno, si sia rivolta per la prima volta alla Caritas a partire dal 2020”.

Prosegue la crescita dei “lavoratori poveri”. La condizione professionale prevalente di chi bussa alle porte della Caritas continua ad essere quella di senza lavoro (55,1% anche nel primo semestre del 2023). Però da gennaio a giugno sono stati 311 i c.d. “lavoratori poveri” che si sono rivolti ai centri d’ascolto e agli altri servizi dell’organismo pastorale della chiesa pisana, il 22,8% del totale, un’incidenza superiore di 1,7 punti rispetto a quella del primo semestre del 2022 e del 2,1% rispetto all’incidenza di fine 2022. In assoluto, le persone occupate che hanno chiesto aiuto alla Caritas nel primo semestre del 2023 sono state quasi un quinto in più (+19,2%) rispetto a coloro che lo hanno fatto nello stesso periodo del 2022.

L’incremento delle famiglie fragili con figli minori. Nei primi sei mesi dell’anno sono state 737 (+5,4% rispetto allo stesso periodo del 2022), pari 55,1% del totale delle famiglie e delle persone incontrate, un’incidenza superiore sia a quella del primo semestre dell’anno precedente che al dato di fine anno (vedi Grafico 3.6). Complessivamente i figli minori che vivono in questi nuclei familiari sono 1.025 il 9,2% in più rispetto ai 939 del primo semestre 2022.

QUASI UN QUINTO DI CHI HA CHIESTO AIUTO E’ SEPARATO O DIVORZIATO.L’ARCIVESCOVO BENOTTO: “IL PREZZO PIU’ CARO DI CERTE “LIBERTA’ RECUPERATE” LO PAGANO I FIGLI”

C’è anche “la fragilità dei legami familiari e la loro dissoluzione” fra le cause di “tutta una serie di povertà, non solo economiche ma anche caratteriali e culturali che trascinano le persone e le famiglie in una spirale sempre più ingovernabile”. Lo scrive l’arcivescovo di Pisa Giovanni Paolo Benotto nell’introduzione del Rapporto ed emerge chiaramente anche dai numeri: quasi un quinto (18%) di coloro che nel 2022, infatti, si sono rivolti alla Caritas sono separati o divorziati. Tutto ciò “chiede interventi di tipo educativo che non possono risolvere il problema già esploso, ma che dovrebbero innescare percorsi previi che aiutino le persone offrendo loro strumenti e mezzi necessari per affrontare positivamente le inevitabili difficoltà della vita – prosegue l’arcivescovo -. Mi riferisco in maniera particolare alla crescita esponenziale di separazioni e divorzi che, se sembrano tutelare i diritti e le pretese individuali di coniugi che si separano o divorziano, di fatto, al di là di tutte le migliori intenzioni, lasciano che siano i figli a pagare il prezzo più caro di certe “libertà” recuperate. Tutto ciò non può non indirizzare l’attenzione della comunità ecclesiale verso iniziative di accompagnamento e sostegno delle famiglie come non può essere misconosciuto il bisogno di un più puntuale accompagnamento dei ragazzi e degli adolescenti”.

LUISA E QUEL CONTRATTO A 7,51 EURO LORDI L’ORA. LA DOMANDA DEL DIRETTORE DON MORELLI: “PERCHE’ NON PERCORRERE DECISAMENTE LA VIA DEL SALARIO MINIMO?”

Luisa (nome di fantasia) ha tre figli, un contratto di lavoro a tempo determinato di 4 ore a settimana e percepisce una retribuzione di 7,51 euro all’ora lorde come da contratto collettivo nazionale del lavoro. “Di fronte a casi come questo e alla crescita complessiva del lavoro povero, quali politiche attive del lavoro vengono messe in atto? Perché non percorrere decisamente la via di un “salario minimo?” Se lo chiede il direttore della Caritas di Pisa don Emanuele Morelli nelle conclusioni del Rapporto. Che poi continua: “Ad una famiglia che seguiamo, che ha sempre ottemperato a quanto dovuto per l’affitto, è stata comunicata l’intenzione di non rinnovare il contratto perché la proprietà intende destinare quell’immobile a una diversa destinazione, probabilmente un bad & breakfast. Ci domandiamo: come far sì che il diritto all’abitare sia garantito a tutti e in concreto? Quali “politiche abitative” da parte dei comuni?”. Infine la drammaticità della povertà minorile ed educativa, accompagnata da una proposta: “Solo nella città di Pisa ci sono almeno 10 associazioni che fanno doposcuola: perché non promuovere un coordinamento per ottimizzare le risorse?”. Sullo sfondo e fra le righe anche la richiesta di una diversa considerazione da parte delle istituzioni locali: “Anche se è vero che il welfare delle parrocchie non sempre ha competenze come quelle che si trovano nella “cooperazione sociale” – scrive don Morelli -, non per questo è un welfare da sottovalutare o, peggio, da considerare in maniera strumentale. La persona che incontri casualmente mentre esce dalla casa canonica o dall’ufficio parrocchiale è sempre più spesso una persona in difficoltà, sempre meno uno che è andato a confessarsi o a fare un colloquio per la vita dello spirito. Per questo le parrocchie sono presidi di prossimità”

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