38esimo convegno Caritas diocesane, la proposta di Magatti: ”Dallo scambio consumerestico quello sostenibile contributivo”

Sarcofano, 19 aprile 2016 – “La crisi ha un lato maledetto, di sofferenza e dolore ma ha dentro anche un potenziale per attivare un processo di metamorfosi: è il momento di passare da uno scambio consumerista ad uno scambio sostenibile contributivo”: è questo, in sintesi, il pensiero di Mauro Magatti, docente di Sociologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, intervenuto a Sacrofano (Roma) alla tavola rotonda “Dopo la crisi, ricostruire un Paese solidale” nell’ambito del 38esimo convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso dal 18 al 20 aprile. “Ma davvero si pensa ancora che il nostro sviluppo economico dipenda dai consumi interni?”, ha ironizzato Magatti: “La Cina può fare un pensiero simile, l’Europa no”. Questa “metamorfosi” imposta dalla crisi deve condurre verso un modello economico sostenibile a livello sociale e ambientale perché “non ci sono più le condizioni politiche per una espansione finanziaria illimitata”. “Bisogna prima contribuire alla produzione di valore – ha affermato -, solo allora si potrà avere la crescita economica”. Alla Caritas è richiesto di “essere presente e partecipare a questo processo di metamorfosi: nel suo essere ‘ospedale da campo’ è importante pensare che stiamo costruendo anche un mondo migliore da quello che abbiamo lasciato”.

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No “all’etica dell’incentivo e del merito solo a fini di produzione aziendale” nel mondo del lavoro perché conduce alla “cultura dello scarto” ossia a “scartare persone che hanno altri meriti” ha aggiunto, invece, Luigino Bruni, docente di Economia politica all’Università Lumsa, “Oggi si soffre per le parole cattive nei confronti dei lavoratori – ha affermato -. Ci stiamo abituando a guardare i lavoratori come fannulloni ma finché non ‘bene-diciamo’ il lavoro nel senso di parlarne bene, il lavoro non guarisce. Dobbiamo approcciare in modo diverso al mondo del lavoro: una legge costruita sull’ipotesi che l’essere umano è un fannullone, ad esempio, non può che produrre fannulloni”. Bruni ha posto in evidenza anche il tema del “corpo” da considerare nella sua interezza, “dal bambino all’anziano alla morte, non solo quando è giovane è bello”, altrimenti “non si capisce nemmeno la povertà”. “Il mondo non sa invecchiare e se non si riconcilia con il corpo si deprime”. Da qui un consiglio spiritoso: “Servono moderne ‘Confraternite della buona morte’ che re-insegnino a morire”. Infine, Bruni ha invitato a recuperare il valore “dell’indignazione” e a “porre domande civili e politiche ai parlamenti e ai governi”. Infine, facendo riferimento alla figura biblica di Noè che ha costruito l’arca per salvare l’umanità e gli animali – in contrapposizione con la Torre di Babele che significa arroccamento, paure e muri come “sta accadendo oggi in Europa” – ha auspicato che le Caritas “continuino a porre domande a chi ancora costruisce Babele”.