“Ora, il nostro arcivescovo Alessandro, non solo è nella pienezza della luce della verità divina e la “comprende”, ma è egli stesso abbracciato dal Signore nel quale ha creduto e sperato”. Così ha esordito monsignor Giovanni Paolo Benotto che, oggi 21 ottobre, ha celebrato insieme a Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e presidente della Conferenza episcopale toscana, congiuntamente a quasi tutti i vescovi delle diocesi della regione, la santa messa funebre in onore del vescovo emerito di Pisa. Alla celebrazione hanno preso parte, inoltre, quasi tutti i sacerdoti della diocesi. Le campane del Duomo hanno, quindi, suonato ancora una volta in onore di monsignor Plotti il cui messaggio di amore e fratellanza non svaniranno mai dal cuore dei fedeli e dei laici, che lo hanno seguito per tutto il suo cammino pastorale.
“Carissimo arcivescovo Alessandro, quando tu concludesti il tuo servizio alla tua e nostra Chiesa pisana, volesti chiedere perdono ”se non eri stato capace di esternare il tuo amore sincero per tutti e per ciascuno” e ci dicevi: ”Vi ho portato sempre nel cuore’ – ha ricordato l’attuale arcivescovo Benotto -. Quest’oggi anche noi, come Chiesa che è in Pisa, vogliamo dirti: perdonaci se non abbiamo corrisposto come avresti voluto al tuo desiderio di paternità episcopale. Oggi portaci nel tuo cuore davanti a Dio nel suo Regno. Anche noi ti portiamo nel nostro cuore e soprattutto vogliamo consegnarti al Dio della Misericordia perchè ti dia il premio promesso ai fedeli operai”.
“Coloro che confidano in Dio comprenderanno la verità, i fedeli nell’amore rimarranno presso di lui, perché grazia e misericordia sono per i suoi eletti”. Così terminava la prima lettura tratta dal libro della Sapienza. Ora, il nostro arcivescovo Alessandro, non solo è nella pienezza della luce della verità divina e la “comprende”, ma è egli stesso abbracciato dal Signore nel quale ha creduto e sperato e “rimane presso di lui” perché la “grazia e la misericordia” di Dio di cui nella sua vita di vescovo ha fatto il proprio programma pastorale, ora sono suo possesso inalienabile.
Nell’omelia per la celebrazione conclusiva del proprio servizio episcopale a Pisa, il 30 marzo 2008, Mons. Plotti diceva: “Il motto del mio stemma è “Misericordia tua”. Il “tua” non riguarda solo Dio, ma anche noi tutti. Se nel mondo ci fosse più misericordia, quanto meglio si potrebbe vivere! Manzoni fa dire a Lucia in un momento di prova: “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia”. Possa, nel segno della misericordia e della bontà, rimanere in tutti voi il ricordo del ministero pastorale del vescovo Alessandro, che nonostante tutte le deficienze e le omissioni ha amato questa Chiesa e ha cercato di spendersi per il bene di tutti”.
“Grazia e misericordia sono per gli eletti” del Signore. E lo sono in modo tutto speciale per coloro che Dio ha scelto per annunciare e continuare nel mondo l’opera di salvezza compiuta da Cristo Gesù. La consapevolezza che il ministero episcopale che ci è stato affidato è dono divino ci è stato consegnato nonostante la nostra fragilità e il nostro limite, se da una parte ci rende riconoscenti a Dio per la fiducia misericordiosa che ha avuto nei nostri confronti, dall’altra non può che renderci misericordiosi con ogni persona che andiamo incontrando sul nostro cammino.
Una consapevolezza che Mons. Plotti non ha mai dimenticato e che anzi è stata sempre la molla interiore del suo impegno di pastore nella nostra Chiesa pisana. La misericordia è stata la cifra che permette di capire perché qualche volta il suo muoversi in situazioni complesse poteva essere anche scambiato per debolezza; e perché la fiducia donata a piene mani poteva forse apparire anche come ingenuità. In realtà misericordia e fiducia erano per il nostro arcivescovo quella spinta interiore che lo determinava con forza a prendere posizione anche quando i suoi interventi potevano apparire scomodi o essere interpretati non nell’ottica della chiarezza evangelica, ma nelle modalità tipiche delle logiche del mondo e della cultura corrente.
Nell’omelia pronunciata qui in Cattedrale, in occasione del ventesimo anniversario del suo ingresso in diocesi avvenuto il 17 giugno 1986, Mons. Plotti affermava “con certezza e con coscienza retta” che in quei venti anni si era lasciato guidare da tre convinzioni: che il Vescovo è a servizio della sua Chiesa e non viceversa; che nella Chiesa ciascun fedele deve maturare la sua specifica vocazione, partendo dal battesimo che ci costituisce tutti in eguale dignità, e che la Chiesa deve essere aperta al confronto con la società civile in cui deve incarnarsi per portare a tutti il lieto annunzio.
Tre linee guida che in questa celebrazione esequiale trovano un riferimento preciso e una puntuale esplicitazione nel testo del Vangelo di Luca che è stato proclamato e che ci ha riportato sulla strada da Gerusalemme verso Emmaus nella sera della Pasqua di risurrezione. Cleopa insieme ad un altro discepolo – che sono stati raffigurati nel nuovo ambone che Mons. Plotti volle insieme al nuovo altare in questa splendida Primaziale, – raffigurano lo smarrimento che sempre ci prende quando non riusciamo a comprendere il mutamento dei tempi e non riusciamo a leggere in chiave soprannaturale le vicende della storia. I due di Emmaus discutevano; erano delusi, scoraggiati e se ne stavano andando via da Gerusalemme non più per loro, luogo della rivelazione salvifica del Dio di Israele, ma luogo del fallimento della missione di Colui che avevano acclamato come Messia e dal quale aspettavano salvezza per tutto il popolo.
Luca ci dice che “Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”. Il vescovo, inviato dal Signore Gesù, è chiamato a rendere esplicita la presenza del Salvatore, ad incarnarla in mezzo al popolo cristiano, spendendo la sua vita senza alcun risparmio. Confessava Mons. Plotti nel ventennale del suo episcopato pisano: “E’ stata costante e radicata sempre in me l’idea che il vescovo è a servizio della sua Chiesa e non viceversa e che la sua vita deve essere tutta spesa per concretizzare questo servizio nella totale disponibilità alle urgenze e ai bisogni della gente che vuole vedere nel vescovo un pastore che vive il rapporto con il suo popolo nella accessibilità umile e cordiale e nella presenza fisica in tutti i momenti più significativi per un dialogo sereno e per una amicizia solidale”. Come Gesù, un vescovo non può non accompagnarsi lungo il cammino della vita, a chiunque si trova in difficoltà e soprattutto soffre a causa di delusioni che non di rado mettono a repentaglio la sua capacità di credere e di sperare nel Signore.
Mons. Plotti amava le relazioni corte, anche se confessava un “carattere non troppo estroverso e il pudore nell’esprimere i sentimenti” che ne accentuava la sensibilità e quindi anche la sofferenza quando pur desiderando intensamente stringersi in amicizia soprattutto con i sacerdoti e i collaboratori più stretti, non riusciva a far uscire dalla sua interiorità quella convinzione e quell’entusiasmo che invece riusciva ad esprimere in omelie e meditazioni che testimoniavano una splendida comunicazione da cuore a cuore.
In questo senso, Mons. Plotti ha davvero camminato con noi lungo la via della vita cristiana. Ricordiamo in modo particolare le meditazioni quaresimali che per molti anni hanno ritmato la preparazione alla Pasqua; meditazioni preparate accuratamente, ma che nello stesso tempo erano dettate e guidate dal cuore e dal desiderio di comunicare la sua stessa esperienza di fede e grazie alle quali possiamo ben dire, l’arcivescovo entrava nel cuore degli ascoltatori “per rimanere con loro”, come Gesù con i due di Emmaus che alla fine invitano il viandante sconosciuto a fermarsi nella locanda: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”.
In questa relazione fraterna e familiare si radica sempre la possibilità di superare le non poche difficoltà che il cristiano prova nell’esprimere in pienezza la propria specifica vocazione. Una vocazione che è sempre chiamata alla santità, ma che si realizza secondo il disegno che Dio ha pensato per ogni persona. Da qui l’impegno che l’arcivescovo Alessandro ha portato avanti con grande determinazione perché ogni membro del popolo di Dio potesse esprimere in pienezza il proprio carisma e il proprio compito quale membro attivo e consapevole dell’unico corpo ecclesiale. Da qui lo stile della comunione e della partecipazione ecclesiale di ogni cristiano per l’annuncio del Vangelo e la sua incarnazione nella vita concreta dei singoli e delle comunità grazie ad una forte e perseverante testimonianza della carità.
Non è possibile, in questo momento, dare conto di quanto è stato fatto in questo senso da Mons. Plotti in ventidue anni di episcopato: non mancheranno tempi e modi per fare tutto questo. Basti per ora fare riferimento a quanto abbiamo ascoltato nella seconda lettura tratta dalla lettera dell’apostolo Paolo ai Romani. Attività e iniziative tipicamente evangelizzatrici come la grandiosa preparazione alla celebrazione del Grande Giubileo del 2000, grazie alla Missione che coinvolse centinaia e centinaia di laici uomini e donne; i Convegni ecclesiali; l’istituzione del Consiglio Pastorale diocesano e dei Consigli Pastorali di Vicariato, la valorizzazione di quello Presbiterale; la fondazione dello Studio Teologico Interdiocesano di Camaiore e dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose che è attualmente il più frequentato in Toscana, l’accrescimento delle Scuole di Formazione Teologica insieme allo sviluppo di una serie notevolissima di attività caritative, dalle Mense per i poveri alla casa della Carità di Pontasserchio che con la Casa di Spiritualità della Rocca di Pietrasanta, sono segni concreti che continuano ad accompagnare il cammino della nostra Chiesa e che debbono la loro nascita o un rinnovato impulso all’azione pastorale di Mons. Plotti.
“Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati” dice l’apostolo Paolo. Le sfide del nostro tempo, che poi in realtà sono sfide di ogni epoca e per ogni generazione, non possono che far crescere la voglia e il bisogno di carità nel cuore e nella vita del credente. Sfide che non possono che rendere ancora più vigile l’occhio, la mente e la passione per il Vangelo e per la propria gente da parte di un vescovo che sente come la propria piena realizzazione non sta in niente altro che nella adesione sempre più profonda e forte “all’amore di Dio che è in Cristo Gesù nostro Signore”. Una adesione soprannaturale che non può non tradursi in un amore sempre più grande verso ogni uomo, verso il mondo in cui ognuno vive; verso le piaghe di Cristo Crocifisso che sempre di nuovo siamo chiamati a riconoscere nella sofferenza e nel dolore di tanti nostri fratelli.
Carissimo arcivescovo Alessandro, quando tu concludesti il tuo servizio alla tua e nostra Chiesa pisana, volesti chiedere perdono “se non eri stato capace di esternare il tuo amore sincero per tutti e per ciascuno” e ci dicevi: “Vi ho portato sempre nel cuore”.
Quest’oggi, anche noi, come Chiesa che è in Pisa, vogliamo dirti: perdonaci se non abbiamo corrisposto come avresti voluto al tuo desiderio di paternità episcopale. Oggi, portaci nel tuo cuore davanti a Dio nel suo Regno. Anche noi ti portiamo nel nostro cuore e soprattutto vogliamo consegnarti al Dio della Misericordia perché ti dia il premio promesso ai fedeli operai del Vangelo. E mentre preghiamo per te con affetto e riconoscenza, anche tu, presso il Signore, prega per questa tua Chiesa alla quale hai voluto bene e che ti ha voluto bene e chiedi a Cristo, Pastore dei pastori, abbondanza di sante vocazioni al sacerdozio, alla vita consacrata e alla vita familiare perché, fedele alla consegna ricevuta, la Chiesa pisana si rinnovi sempre più sulla via del Vangelo e sia capace di annunciarlo nella verità e di testimoniarlo nell’amore. Amen.
Hanno preso parte alla santa messa l’assistente generale dell’azione cattolica, monsignor Bianchi, il prefetto di Pisa, Attilio Visconti, il presidente dell’Opa, Pierfrancesco Pacini, il sindaco di Pisa, Marco Filippeschi, il presidente del consiglio comunale, Ranieri Del Torto, gli assessori, Paolo Ghezzi e Andrea Serfogli, il direttore della società della salute, Giuseppe Cecchi e i rappresentanti delle forze dell’ordine.