Pisa, martedì 29 ottobre 2019 – Non solo Pisa. «Anche a Firenze abbiamo incontrato tante difficoltà, nel rapporto con le istituzioni locali, quando abbiamo chiesto un luogo in cui pregare». E’ partita da qui la riflessione di Mohamed Bamoshmoosh, medico cardiologo e imam della comunità islamica fiorentina, la prima costituitasi formalmente in Toscana e da cui si sono originate quasi come per gemmazione le altre settanta diffuse in tutta la regione, in occasione del momento di confronto organizzato dal Gruppo d’impegno ecumenico della diocesi di Pisa per la 18esima giornata del dialogo cristiano-islamico. Ha cominciato da quell’episodio, certo, anche per portare la sua solidarietà «alla comunità islamica pisana, che ha affrontato tantissime di difficoltà nel vedere riconosciuto il sacrosanto diritto ad avere un luogo di culto». Ma non per sferrare un attacco alle amministrazioni che non gli hanno consentito di realizzare uno spazio per la preghiera dei molti credenti islamici che vivono nel capoluogo e dintorni. Bensì, per tracciare l’elogio del dono, «quando è autentico, ossia libero, gratuito, senza compenso economico e richiesta di contraccambio».
Che c’entra tutto questo con la vicenda del luogo di culto per musulmani fiorentini? Semplice, quel luogo adesso c’è, grazie al Centro internazionale “La Pira” che ha messo a disposizione, senza chiedere assolutamente nulla in cambio, la Sala Teatina di via de’Pescioni. «Quel dono – ha proseguito Bamoshmoosh – ha dato origine ad un bene relazionale di cui ha beneficiato tutta la città perché la comunità islamica si è sentita in debito e per saldarlo si è aperta al dialogo e al confronto, non solo con i cristiani, ma con tutte le altre confessioni, a cominciare dalla comunità ebraica. Il dialogo ebraico-cristiano era già ben strutturato proprio dai tempi di La Pira, ma se oggi Firenze è la città del dialogo interreligioso è proprio grazie a quel dono»
Probabilmente proprio a qualcosa del genere faceva riferimento l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto, intervenuto in apertura insieme all’imam di Pisa Mohamed Khalil e al pastore della chiesa valdese Daniele Bouchard, quando invitato da un lato «ad informarsi perché la conoscenza è uno dei principali antidoti contro la diffidenza e la paura», dall’altro «ad una vera e propria educazione all’incontro e a sentirsi parte di un’unica umanità».
Più o meno da lì, ma tornando indietro di circa 800 anni, ha preso le mosse anche la riflessione del professor Antonio Cucinello, arabista e islamologo dell’Università Cattolica di Milano. Fino all’incontro fra San Francesco e il sultano Malik ak Kamil. «Andò disarmato proprio mentre infuriava la quinta crociata e anche in qualche modo contro le indicazioni della stessa chiesa dato che Pelagio, il legato pontificio, non aveva autorizzto il viaggio – ha ricordato -. Nessuno dei due si convertì alla fede dell’altro, ma ne nacque una solida amicizia durata tutta la vita»