Pisa, 27 marzo 2016 – Pasqua è passaggio. Passaggio per gli antichi ebrei dalla schiavitù alla libertà. Passaggio per Cristo da questo mondo al Padre. Passaggio per noi, in Cristo, dal peccato alla grazia, dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce della novità conquistataci da Gesù con la sua morte e la sua risurrezione.
Non si tratta di passaggi ideali o simbolici, ma reali, veri, che si innestano nella vita di ogni credente in Cristo e che rispondono all’anelito profondo del cuore di ogni persona di svincolarsi dalle catene che la attanagliano, la mortificano e che spesso le tolgono perfino il respiro, per una libertà che non è il fare ciò che si vuole – cosa che ormai tutti fanno senza fatica – ma che è gioia profonda, senso di pienezza e di realizzazione di un disegno che ognuno riconosce scritto nel profondo del proprio essere, ma per il quale, troppe volte, non si hanno più gli strumenti per decifrarlo e se anche decifrato per poi tradurlo nella vita di ogni giorno.
Il disegno di cui sto parlando è scritto prima di tutto nella struttura umana di ogni persona: essere uomini e donne, non è una scelta intercambiabile, ma una condizione che ci è data come dono. Un dono meraviglioso che comporta responsabilità specifiche. Nessuno si è fatto da sé; ognuno non è altro che il frutto di un dono d’amore e tale lo è anche quando tutto, intorno, ci dicesse che l’amore ci è stato negato e che noi siamo stati esclusi da questa circolazione vitale.
La Pasqua ci dimostra che nessuno è stato escluso dall’amore di un Dio che si è fatto uomo e che ha dato la sua vita in riscatto e in redenzione di ogni creatura. Gesù Cristo infatti ha dato la sua vita per tutti e per ciascuno singolarmente, quindi anche per me, per te, per chi crede e per chi non crede, per chi lo accetta e per chi lo rifiuta, con un amore e una misericordia senza limiti.
Il passaggio che ci viene proposto in questa Pasqua dell’Anno della misericordia è quello di voler accettare il dono che ci viene fatto, di accoglierlo senza timore; in altre parole ci viene chiesto di giocare noi stessi sulla accettazione dell’amore che ci viene da Dio e di accogliere il perdono di Dio per tradurlo in riconciliazione con ogni nostro fratello.
C’è un bisogno immenso di sentirsi perdonati e di essere in grado di perdonare il nostro prossimo. Troppo spesso viene gridata questa incapacità di perdono sia nei rapporti interpersonali che in quelli sociali, in famiglia come in tutti gli altri ambienti della vita quotidiana.
Vogliamo provare in questa Pasqua della misericordia ad accettare la riconciliazione e il perdono di Dio che il Signore Gesù vuol comunicare a tutti? Vogliamo di nuovo accettare dalla Chiesa il ministero della riconciliazione che il Signore le ha affidato perché il nostro cuore possa trovare o ritrovare pace e serena letizia e questa possa essere trasmessa e comunicata a chiunque incontriamo nel nostro cammino? Con la grazia di Dio, vogliamo provare ad essere strumenti di perdono e di ritrovata coesione comunitaria all’interno di una società che appare sempre più frantumata e triste perché ha smarrito le vie della pace del cuore?
Il mio augurio è che ciascuno voglia e sappia fare questo necessario passaggio sia all’interno del proprio cuore che nella sua vita familiare come anche nelle relazioni interpersonali ecclesiali e sociali.
E’ questo l’augurio che rivolgo a tutti i fedeli della nostra Chiesa ed anche a chi ha smarrito i riferimenti cristiani, ma anela alla pace e alla vera giustizia; che offro a chi si impegna nel servizio ai fratelli, sia nella gestione della vita pubblica che nella cultura e nel mondo del lavoro; nel volontariato, nello sport e nel tempo libero, nella consapevolezza che siamo tutti fratelli perché figli dell’unico Padre celeste e che la Pasqua di Gesù, per chi lo vuole, è sempre principio di vita nuova ed esperienza di perdono e di amore per tutti.
Accogliere questo amore è condizione per poterlo donare a nostra volta, ben sapendo che il male si vince solo con il bene e che il bene è per tutti, specie per chi vive sulla sua stessa carne le ferite della povertà, della malattia, della guerra, del rifiuto e dell’abbandono.
E’ solo una utopia che anche noi, per quanto possibile, sappiamo contribuire a far sì che coloro che
soffrono possano anch’essi fare Pasqua, passando cioè dalla disperazione alla speranza di una vita aperta al futuro?
A tutti, buon ‘passaggio’ alla pienezza dell’amore e della misericordia.
Giovanni Paolo Benotto
+ Arcivescovo di Pisa