Firenze, 18 febbraio 2022 – L’emersione del sommerso. L’impatto sociale ed economico di due anni di emergenza sanitaria è riuscito dove avevano in larga misura fallito decenni di politiche attive del lavoro. Sono soprattutto lavoratori precari, grigi o al nero, infatti, coloro che dal marzo 2020 ad oggi hanno bussato alle porte dei servizi delle Caritas toscane. Insieme, però, al mondo del lavoro autonomo e, in generale, a tutta quella fascia di occupati poco o per nulla coperti dagli ammortizzatori sociali, siano essi ordinari o emergenziali, impiegato nei settori che più hanno sofferto dei blocchi e delle restrizioni necessarie per contenere la pandemia.
Ci sono soprattutto le loro famiglie fra le 28.467 persone che, tra settembre 2020 e aprile 2021, hanno chiesto l’aiuto dei servizi delle diocesi della regione, il 47,4% in più rispetto ai 19.310 dei nove mesi precedenti. E’ la «valanga della povertà» come l’ha definita la stessa Caritas in “Fatti di prossimità, fatti di Vangelo”, il Rapporto 2022 sulle povertà che è stato presentato ieri a Firenze nella “Casa della Carità” di via Corelli e in diretta streaming sul sito di ToscanaOggi. Che, in questi due anni, ha travolto migliaia di famiglie, anche nella nostra regione: 7.139 quelle che, nei nove mesi del monitoraggio fatto dalle Caritas, per la prima volta nella loro vita, hanno dovuto rivolgersi a un centro d’ascolto. Sono i cosiddetti “nuovi poveri”: un quarto di tutti i nuclei incontrati. Che, peraltro, vanno ad aggiungersi ai 7.351 nuclei che a quelle stesse porte avevano bussato per la prima volta nel fra gennaio e agosto del 2020, pari addirittura al 39% di tutti coloro che nello stesso periodo avevano chiesto l’aiuto della Caritas. «Più che a un’attenuazione dei processi d’impoverimento, siamo di fronte ad un “effetto cumulo” – ha spiegato Francesco Paletti, curatore del rapporto di ricerca -: le “nuove povertà” del periodo precedente, infatti, sono diventate “povertà conosciute” in quello successivo E a questi si sono sommati i nuovi ospiti».
Dal punto di vista della distribuzione di genere la componente femminile supera in modo significativo quella maschile (54,4 contro 45,6%), mentre per quanto riguarda la cittadinanza continuano a prevalere i migranti, pari al 58,7% di tutte le persone assistite, anche se si tratta dell’incidenza più bassa mai registrata da Caritas Toscana, ad evidenziare come e quanto i processi d’impoverimento stiano estendendosi anche ai cittadini italiani. Con riferimento, invece, ai diversi territori della regione, la crisi innescata dalla pandemia sembrerebbe aver colpito soprattutto nella Toscana centrale che è l’area più densamente abitata e anche il tradizionale traino dell’economia regionale ma pure quella che ha pagato il dazio più pesante all’emergenza sanitaria: qui, infatti, le “nuove povertà” superano il 33% contro il 21,6 della Toscana settentrionale e il 17,1 di quella meridionale.
C’è sicuramente il lavoro al centro della mappa delle preoccupazioni incontrate dalle Caritas toscane in questi mesi, soprattutto quello femminile (in aumento in 16 diocesi su 17), ma anche, in generale, la condizione giovanile, sia per quanto riguarda la mancanza di opportunità occupazionali (15 diocesi) che soprattutto per quel che concerne il disagio psico-sociale e più in generale la povertà educativa (16 diocesi per entrambe).
La sfida della povertà educativa:
un’indagine di Caritas e Uffici scolastici delle diocesi toscane
Proprio al tema della povertà educativa i ricercatori di Caritas Toscana hanno dedicato un’indagine specifica realizzata in collaborazione con gli uffici scolastici di tutte le diocesi della regione che ha coinvolto 581 insegnanti di religione di quasi tutta la Toscana. Da cui emerge un quadro decisamente allarmante: per il 69% dei docenti intervistati, infatti, la pandemia ha aumentato in modo significativo le disuguaglianze fra gli studenti toscani (quota che alle scuole superiori sale addirittura al 76%) a causa soprattutto dell’incremento della povertà e del disagio economico delle famiglie (54%) che si riverbera sulle disuguaglianze nell’accesso ai dispositivi informatici (50,6) ma anche, complici le restrizioni, nella riduzione degli stimoli esterni alla scuola (43%) con il conseguente aumentato rischio di esclusione dei soggetti più fragili (48%). Tanti i campanelli d’allarme fatti risuonare dall’indagine di Caritas e docenti di religione: oltre un terzo degli intervistati (36%) ha detto di aver notato un aumento significativo delle assenze dal lockdown in poi e quasi i quattro quinti (77%) conosce almeno uno studente che non ha potuto seguire le lezioni a distanza. Il combinato disposto di queste tensioni, ha finito inevitabilmente per impattare sui progetti futuri dei ragazzi: il 17,6% dei docenti che hanno partecipato all’indagine, infatti, ritiene che gli studenti abbiano cambiato idea rispetto alle decisioni da prendere per l’immediato futuro, tutti concentrati nelle fasce d’età più alte delle scuole superiori, quelle in cui si cominciano a fare scelte che orientano i percorsi di vita. Al riguardo c’è anche chi ha deciso di approfondire gli studi legati al digitale (23% di coloro che hanno cambiato i progetti futuri) e chi si sta orientando verso un percorso di studi legato alle professioni socio-sanitarie (31%). Preoccupa, però, quel 36% di studenti che, invece, ha fatto sapere di aver rinunciato all’iscrizione all’università, preferendo un inserimento immediato nel mondo del lavoro e, soprattutto, quel 31% che stava addirittura valutando di lasciare la scuola e andare a lavorare per aiutare la famiglia in difficoltà.
Monsignor Roberto Filippini: “La pandemia ha messo in luce un sistema malato, necessaria una cura strutturale”
“La pandemia ha messo in luce un sistema malato: le povertà che sono cresciute durante e a causa della crisi sanitaria, sono in gran parte eredità del passato e hanno radici nella crisi economica, sociale e politica degli anni precedenti. La cura, quindi, delle attuali patologie deve essere strutturale oppure sarà solo terapia palliativa ha detto monsignor Roberto Filippini, vescovo incaricato Cet per le Caritas della Toscana-. Il ruolo delle Caritas sarà allora quello profetico di chi osserva con lucidità, discerne, segnala i disagi e le sofferenze, indica percorsi e prospettive. Non potremo certo disinteressarci del Pnrr e delle formidabili occasioni che potrebbe riservare. Al riguardo auspichiamo che il lavoro di rete, fortemente voluto dalle opportunità di co-programmazione e co-progettazione previste dalla legge, diventi sempre più stile comune e condiviso, sia a livello civile che ecclesiale”.
Marcello Suppressa (Delegato regionale Caritas): “Rimettere l’animazione di comunità e l’advocacy al centro del nostro essere Caritas”
“Anche noi, nel pieno dell’emergenza pandemica, abbiamo agito alla stregua di ammortizzatori sociali, forse anche provvisoriamente abdicando a quel mandato educativo e promozionale nei confronti della società civile e della comunità cristiana che è scritto nei nostri statuti e carte pastorali – ha aggiunto il delegato regionale Caritas Marcello Suppressa -. Quel mandato, però, dovrà necessariamente tornare ad essere la bussola del nostro abitare i territori e la comunità: si tratta di riportare l’animazione di comunità e l’advocacy al centro del nostro essere Caritas. Non basta dirlo perché accada, probabilmente sarà necessaria una profonda rivisitazione anche dei modelli organizzativi facendo tesoro di quella “parresia della denuncia” che ci ha proposto Papa Francesco in occasione dell’udienza per i 50 anni delle Caritas in Italia: “Essa – ci ha detto il Pontefice – non è mai polemica contro qualcuno, ma profezia per tutti: è proclamare la dignità umana quando è calpestata, è far udire il grido soffocato dei poveri, è dare voce a chi non ne ha”.