Pisa, 23 novembre 2021 (da La Nazione Pisa) “Quale spazio e protagonismo per i poveri nelle nostre città e territori ma anche nelle parrocchie e nella comunità cristiana? E’ la domanda di fondo che ci ha lasciato il cardinale Francesco Montenegro nella relazione con cui ci ha guidati sabato scorso in occasione dell’assemblea diocesana delle Caritas parrocchiali. Quasi come una consegna per i mesi e gli anni a venire. Un interrogativo che interpella in primo luogo la chiesa pisana, perchè è ad essa che ha parlato “don Franco”, come vuole essere chiamato l’arcivescovo emerito di Agrigento, recentemente chiamato da Papa Francesco a far parte del Dicastero vaticano per lo sviluppo umano integrale. Ma che credo possa interrogare tutti quanti, a cominciare da chi, in questo tempo complesso, è chiamato all’impegnativo compito di gestire la cosa pubblica. “I poveri non sono il gregario che ci porta la borraccia, lo sgabello per salire in Paradiso, ma il dito nella piaga delle nostre contraddizioni” ci ha spiegato Montenegro che, quando era alla guida pastorale della diocesi siciliana, accompagnò il Pontefice nella storica visita a Lampedusa del 2013. Ma subito dopo ha aggiunto: “Non possiamo, però, comprenderlo se non li ascoltiamo, anche quando c’insultano, e se non cominciamo a guardare il mondo dal loro punto di vista: ci disturbano e ci fanno paura perchè sono lo specchio delle nostre miserie”
E’ sicuramente vero per la comunità cristiana in cui, sempre per usare le parole del cardinale, “i poveri sono stati sempre alla porta, e quando entrano, le nostre organizzazioni sono così perfette che li spostano verso l’esterno perchè disturbano”. Ma non vale, forse, lo stesso per le nostre città e territori? Se davvero vogliamo superare tutti insieme la pandemia, senza escludere nessuno, non è il caso di ripensare, non solo la comunità ecclesiale, ma anche le nostre città, quartieri e territori mettendo davvero al centro i diritti e i bisogni dei più fragili e più vulnerabili?”
don Emanuele Morelli