Pisa, venerdì 13 luglio 2018 (l’articolo pubblicato su ToscanaOggi Vita Nova) “C’erano anche dei ragazzi albanesi nel nostro campo e all’inizio ammetto che un po’ diffidenza l’avevo perché su quelli che arrivano dal loro Paese se ne sente dire tante e quasi tutte brutte. Poi, però, le persone vanno incontrate e conosciute, anche quelle apparentemente più distanti e diverse da noi. Quando accade tutte le prospettive cambiano e son contenta che sia capitato anche a me”. Elena Moretti, 16 anni, studentessa dell’Istituto “Pesenti” di Cascina, li racconta così i suoi tre giorni alla “Cittadella della Solidarietà”, il centro del Cep voluto dall’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto per ricordare il 950esimo anniversario della morte di San Ranieri e che ogni hanno assicura sostegno alimentare a circa 1.300 persone in difficoltà. C’era anche lei fra i 65 giovani fra gli 11 e i 18 anni che, dall’11 giugno al 4 luglio, hanno deciso di dedicare tre giorni della loro estate alla conoscenza e all’incontro con chi fa più fatica, alla lotta allo spreco e all’edizione 2018 dell’ “Estate al Servizio”, i campi promossi dalla Caritas diocesana: metà giornata dedicata ala riflessione su povertà e lotta allo spreco e l’altra a sistemare in magazzino il cosiddetto “fresco”, ossia i generi alimentari a breve scadenza, raccolto nei supermercati che collaborano con la “Cittadella” o a sporzionare i vassoi arrivati dalle mense universitarie e poi destinati agli scaffali della struttura del Cep e, da lì, alle case di tante famiglie in difficoltà. Ma anche all’asilo notturno di Porta a Mare, la cabina di regia di tutti gli interventi cittadini sulla cosiddetta alta marginalità gestito dalla Società della Salute della Zona Pisana: a selezionare e sistemare indumenti e coperte, da utilizzare poi per le cicliche emergenze freddo dei prossimi inverni, eventi che mettono a rischio la vita già duramente provata di tante persone che vivono in strada. Con Elena, c’era anche Seif Talbi, 14 anni, tunisino d’origine, la licenza media appena presa e a settembre una nuova avventura tutta da cominciare a liceo scientifico. Che proprio a Porta a Mare ha aperto gli occhi: “Sistemavamo le coperte e altri indumenti e gli operatori ci raccontavano la fatica di chi vive sulla strada – racconta -. Son storie che fanno riflettere: siamo davvero un po’ troppo chiusi in noi stessi se nella nostra città ci sono situazioni del genere e non ce ne accorgiamo”. E con lui c’era Ilaria Del Carratore, appena maggiorenne, all”ultimo anno dell’Istituto “Santoni” di Pisa. Che ha incontrato gli animatori della Caritas a scuola, durante uno dei tanti percorsi formativi promossi nelle classi degli istituti superiori di Pisa e dintorni, e insieme ad altre tre compagne, ha deciso di partecipare ai campi. Che conserva negli occhi l’immagine di quelle bottigliette, forbicine da unghia e flaconi di gel e bagnoschiuma recuperati dall’aeroporto “Galilei” dopo che i viaggiatori sono stati costretti ad abbandonarli prima del check in: “Oggetti destinati ad essere abbandonati e che, invece, una volta recuperati ritrovano una loro utilità e significato nella vita di tante altre persone”. E che dalla “Cittadella” si porta a casa una domanda a cui cercare risposta nelle prossime settimane: “Ma se io volessi cominciare a fare volontariato, con chi potrei parlare per capire da dove cominciare?”.
Elena, Seif, Ilaria, le altre compagne dell’Istituto “Santoni”. E poi i ragazzi delle comunità gestite dalla cooperativa sociale “Il Simbolo”, i gruppi delle parrocchie di Gello e San Lorenzo alle Corti e tanti altri ragazzi arrivati attraverso il passaparola o il consiglio di chi c’era già stato. E tornati a casa con la consapevolezza che “ama solo chi osa farlo” parafrasando le parole del gatto Zorba, uno dei protagonisti della “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, la favola di Sepulveda che ha fatto da filo rosso a tutti i campi.
Li hanno accompagnati venti animatori, dieci per ciascun turno, ragazzi poco più grandi loro, quasi tutti non ancora trentenni, impegnati nei progetti di servizio civile della Caritas diocesana. E come loro incuriositi ma anche intimoriti dall’esperienza: “Lo ammetto, all’inizio ero davvero preoccupata, avevo paura di non riuscire a gestire il gruppo, a spiegare in modo semplice ma anche motivante le attività e il loro significato” racconta Rossella Di Iorio, 27 anni, studentessa di Scienze Politiche, originaria di Coreno Ausonio, un paesino a due passi da Montecassino, che sta svolgendo servizio civile con i minori stranieri non accompagnati di “Controvento”, una delle comunità del Simbolo. “Alla fine, però, è andato tutto per il meglio e forse anche a prescindere dai nostri meriti – sottolinea-: è qualcosa di bello e misterioso quella speciale alchimia che scatta a quell’età e che fa sì che, ragazzi fino al giorno prima sconosciuti l’uno all’altro, abbiano proprio la voglia di mescolarsi e incontrarsi, sfruttando ogni occasione possibile”. Il servizio civile è anche la quotidianità di Cristian Paolini, 26 anni, originario della Lunigiana, nel cassetto una laurea in psicologia: “Mi ha colpito molto il clima collaborativo che ha caratterizzato i laboratori: non c’era assolutamente desiderio di primeggiare sugli altri, ma solo voglia di raccontare ed esprimersi. Il gap generazionale? Per fortuna anche noi animatori eravamo molto giovani e dunque non si è sentito troppo: gli adolescenti di oggi sono un po’ più social di quanto lo eravamo noi, ma per il resto il substrato è comune”.
Con gli animatori e con i giovani partecipanti ai campi c’è stato anche l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto che ha voluto incontrare tutti i quattro gruppi che hanno preso parte a “L’estate al servizio”: “Oggi si parla troppo spesso d’individui e poco di persone eppure la differenza non è certo solo semantica dato che – ha spiegato – con il primo termine, infatti. si fa riferimento all’essere umano separato da tutto il resto, con il secondo si mette l’accento sulla relazione con le altre persone e con il contesto in cui vive. Ed è proprio nelle relazioni con gli altri che riusciamo ad esprimere il meglio di noi stessi: la vita, infatti, non è in piedi davanti ad uno specchio, ma tutta giocata nell’incontro quotidiano”. Una premessa per dire che “ci sono cose che hanno valore ma non hanno un prezzo. Pensiamo solo all’esperienza che avete fatto alla Cittadella: niente ci sarebbe senza il valore del dono. Dunque siccome l’amore si paga solo con l’amore vi auguro davvero di cuore di vivere con pienezza il valore della gratuità”.