E’ quasi scomparsa dall’agenda dei media ma non dalla quotidianità nel nord est della Siria. Il 5 novembre è iniziato il secondo pattugliamento congiunto di Turchia e Russia come previsto dagli accordi siglati fra i presidenti Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin il 22 ottobre a Sochi, ma le notizie che arrivano dall’area di conflitto continuano a parlare di guerra e vittime: “Dal 2 novembre – scrive l’Osservatorio siriano per i diritti umani - gli aerei da guerra russi hanno eseguito più di 125 bombardamenti concentrati nella provincia di Idlib e in cui sono rimasti uccisi 16 civili, comprese tre donne e cinque bambini” mentre altre sette vittime degli aerei inviati da Mosca nel villaggio di al Sahara, nei dintorni di Aleppo, fra i quali due donne e e un bambino”.
Cominciata il 9 ottobre con i primi bombardamenti dell’aviazione turca sulle cittadine di confine, l’offensiva turca denominata “Sorgente di pace” ha provocato un’emergenza umanitaria che padre Antonio Ayvazian, il parroco armeno-cattolico di Qamishli, città siriana al confine con la Turchia teatro di diversi scontri tra curdi e turchi, recentemente intervistato dal Sir, quantifica in“circa 160mila sfollati interni siriani fuggiti soprattuto dai villaggi della regione di Tal Abyad e Ras al Ayn”e da altre zone di confine. La maggior parte è arrivata a Qamishli e ad Hassakè. Qui sono stati ospitati da altre famiglie, la maggioranza nelle scuole, pubbliche e private come quelle cristiane, dove ricevono tutta l’assistenza necessaria”. “Non abbiamo messo in piedi tendopoli – spiega il sacerdote che è anche vicario della comunità armeno-cattolica dell’Alta Mesopotamia e della Siria del Nord – perché nelle scuole hanno tutto ciò di cui hanno bisogno, acqua, bagni, e un tetto sulla testa. Per liberare le aule necessarie le scuole hanno accorpato le classi. Gli spazi dei nostri conventi sono stati convertiti in aule”.
“La speranza di fare ritorno nei propri villaggi è viva in tanti sfollati purtroppo – ammette il parroco – ma per molti questa potrebbe rivelarsi una speranza vana. Nella loro offensiva, infatti, le forze turche e le milizie alleate hanno saccheggiato e raso al suolo interi villaggi che dovranno essere ricostruiti. M quando? Questa è una domanda che rischia di non avere risposta. Anche le organizzazioni umanitarie che erano sul posto hanno dovuto lasciare tutto e andarsene lasciando senza aiuto i pochi rimasti”
Caritas Siria presente nella zona con l’ufficio regionale di Hassakè, già attivo nell’assistenza di sfollati e comunità locali vulnerabili. Con l’arrivo dei nuovi sfollati sono stati allestiti centri di accoglienza per circa 700 persone e distribuita acqua potabile a 500 famiglie. Tra gli sfollati anche anziani e casi che necessitano di trattamenti sanitari continui. Circa la metà sono bambini.
Caritas Italiana è impegnata in Siria sin dall’inizio della guerra, nel 2011, a sostegno degli interventi promossi da Caritas Siria, è in stretto contatto con gli operatori locali e sta sostenendo gli interventi in atto nell’area di Hassake.
Come per gli altri interventi in corso nel Paese, anche per questa emergenza, la forma di aiuto possibile è la colletta in denaro destinata alle vittime della crisi siriana tramite i consueti canali con causale “Emergenza Siria”. Non è richiesto l’invio di beni materiali dall’italia.