“Vorrei essere un uomo di comunione”. L’intervista de La Nazione a monsignor Filippini nuovo vescovo di Pescia

Sorpresa e gioia sono le emozioni di monsignor Roberto Filippini, neo eletto vescovo di Pescia, che alla nomina a pastore della diocesi pesciatina ha manifestato stupore e felicità. Il teologo, grande uomo di fede e carità ha raccontato le sue prime sensazioni alla Nazione di Pisa.

di seguito il testo dell’intervista pubblicata sul quotidiano

 

roberto filippini

 

MONSIGNOR Roberto Filippini, biblista e teologo e uomo del dialogo ecumenico e interreligioso, per sedici anni rettore del seminario di Pisa e da altrettanto cappellano del carcere «don Bosco», è il nuovo vescovo di Pescia, la diocesi pistoiese priva di guida pastorale da settembre. L’annuncio è arrivato direttamente dall’arcivescovo di Pisa monsignor Giovanni Paolo Benotto ieri mattina in occasione della celebrazione per la festa di Santa Caterina d’Alessandria. Anche se al diretto interessato la decisione era stata comunicata qualche giorno prima: «Esattamente una settimana fa, ossia quando sono stato chiamato a Roma dal nunzio apostolico –ricorda monsignor Filippini –: è stato lui a comunicarmi la decisione del Santo Padre chiedendomi di mantenere la cosa nella più assoluta riservatezza come vuole la prassi in questi casi …».

Sorpreso?

«Molto e le assicuro che non è una frase fatta. E’ vero, infatti, che un po’ di anni fa l’ipotesi di una mia candidatura episcopale era circolata con una certa insistenza, ma l’eventualità non si è mai concretizzata e, quindi, non ci avevo davvero più pensato. Anche per ragioni banalmente anagrafiche: non è molto frequente diventare vescovo a 67 anni».

Come ha accolto la nomina?
«Sinceramente sono ancora un po’ frastornato: di sicuro con grandissima gioia per la fiducia che Papa Francesco ha voluto accordarmi. Però non nego che sento anche il peso della responsabilità perché guidare una diocesi non è assolutamente impegno semplice, anche se a Pescia sarò aiutato dal fatto di calarmi in una realtà a misura d’uomo e che è stata guidata con grande senso di umanità da monsignor De Vivo».
Il biblista e il formatore, l’impegno per il dialogo e l’attenzione ai deboli: che cosa porta nella nuova diocesi?
«Forse un po’ tutto questo che è poi la sintesi del mio percorso di uomo e sacerdote. Anche se, in ultima analisi, io vorrei soprattutto provare ad essere un uomo di comunione …».
Come si fa ad esserlo in un tempo di violenza e chiusure come questo?
«Non ho ricette, né risposte preconfenzionate. Penso, però, che sia necessaria tanta voglia e capacità di ascoltarsi, saper andare oltre i pregiudizi e le etichette. E farsi prossimi ai poveri e a coloro che faticano maggiormente».

Che cosa si porterà dietro di Pisa?
«Tutto, qui c’è la mia città e la mia chiesa. Per circostanze quasi casuali sono nato a Vinci, ma sono cresciuto fra Marina di Pisa e Tirrenia: mio padre faceva il custode agli stabilimenti cinematografici ‘Pisorno’».